JP Morgan am, la stagione delle trimestrali non parte sotto una buona stella

AL VIA LA STAGIONE DELLE TRIMESTRALI – La stagione degli utili del secondo trimestre sta iniziando e le indicazioni che giungono dicono che dovremmo essere preoccupati. Ad aprile, osservano gli esperti di Jp Morgan asset management, il momentum degli utili positivo (misurato dalle stime bottom-up) si è arrestato, registrando in seguito una brusca flessione, ed è interessante notare che ciò è avvenuto senza che le previsioni economiche siano state oggetto di sostanziali revisioni al ribasso.

ASPETTATIVE POCO AMBIZIOSE – Secondo gli ultimi dati settimanali inoltre, l’indice delle revisioni degli utili dell’S&P 500 (rapporto tra revisioni al rialzo e al ribasso) si attesta a 0,4, in ribasso dal massimo di 1,6 toccato ad aprile. In Europa, l’indice ha iniziato a scendere prima, ma ha toccato il picco a un livello inferiore e il suo calo non è stato così marcato: al momento, secondo i dati settimanali, si attesta a 0,5 circa. Un aspetto positivo dell’attuale stagione degli utili è che le aspettative non sono molto ambiziose, neppure negli Stati Uniti, dove le stime di consenso indicano sostanzialmente una crescita su base annua dello 0%, con l’unica significativa eccezione del settore finanziario. Tuttavia, continuano gli esperti della banca Usa, “guardando oltre la stagione degli utili attualmente in corso, a prima vista le proiezioni relative agli Stati Uniti appaiono più a rischio, dato che le previsioni di consenso vedono una crescita degli utili per azione 2012 del 7,6%, contro il 2,7% soltanto per l’Europa. È comunque probabile che in entrambi i casi siano destinate a scendere da questi livelli”.

 STIME TROPPO ALTE PER IL 2013 – “Come abbiamo già menzionato precedentemente, la vera preoccupazione riguarda però le stime degli utili per azione 2013, che appaiono troppo alte in tutte le regioni. In particolare, ci sembra strano che in questo contesto le differenze tra le proiezioni per le diverse regioni del mondo siano estremamente ridotte: la crescita degli utili a livello globale (indice Msci Ac World) è prevista al 12,6%, a fronte del 12,6% per l’S&P 500, del 12,4% per il Djstoxx 600, dell’11,6% per l’Msci Em e del 15,9% per il Topix (esercizio finanziario con chiusura a marzo 2014). Ciò può indicare uno straordinario grado di sincronizzazione tra le regioni oppure una scarsissima visibilità per gli analisti bottom-up”.

 CONTRAZIONE A DOPPIA CIFRA IN VISTA PER L’EUROPA – “Ciò che ci preoccupa per l’Europa in particolare è che, contrariamente agli Stati Uniti, gli utili a 12 mesi hanno già cominciato a calare. Dal picco dello scorso autunno sono infatti scesi del 4% circa. La flessione è in gran parte avvenuta durante l’esercizio finanziario 2011, ma essendosi ora instaurato un trend ribassista, per il 2012 appare probabile una crescita negativa in Europa. Di fatto, è piuttosto raro assistere a un calo degli utili limitato e l’esperienza passata mostra che in una reale recessione, i profitti precipitano di almeno il 30% dai massimi ai minimi. Flessioni di piccola entità non sono affatto comuni: l’unico ribasso a una cifra registrato in Europa negli ultimi 40 anni circa (il periodo per cui sono disponibili i dati) è stato in concomitanza con la crisi asiatica, quando sono calati del 3% soltanto. Aspettarsi una contrazione degli utili europei a una sola cifra nel contesto di una recessione nel Vecchio Continente ci sembra eccessivamente ottimistico”.

 PREVISIONI DI CONSENSO SUL PIL: “Il concetto di aspettative di consenso si estende naturalmente anche alle previsioni economiche, dove troviamo alcuni interessanti paralleli con la situazione nel settore azionario. “Come quasi tutti i lettori sapranno, a partire da febbraio/marzo circa i dati congiunturali pubblicati negli Stati Uniti e in Europa sono stati deludenti, come è facile desumere dagli indici – molto seguiti – sul divario tra andamento previsto ed effettivo dell’economia. Di fatto, si potrebbe sostenere che il nervosismo e i ribassi subiti dalle azioni e dalle altre classi di attivo più rischiose siano stati determinati dai dati economici deludenti non meno che dai rinnovati timori sulla crisi del debito europea o sul precipizio fiscale negli Stati Uniti, che sono i motivi più frequentemente citati”.

 “È interessante notare come la debolezza dei dati non abbia portato ad alcuna significativa revisione al ribasso delle stime di consenso sull’economia. Secondo Bloomberg, a gennaio le aspettative sulla crescita del Pil europeo 2012 si attestavano a -0,5% e ad oggi (ultimo rilevamento di giugno) non sono quasi cambiate (-0,4%). Nello stesso arco temporale, le proiezioni di crescita per il 2013 sono scese da +1,0% a +0,8%. Le stime di consenso relative agli Stati Uniti sono state altrettanto stabili: quelle per il 2012 sono solo leggermente diminuite, da +2,3% a +2,2% da gennaio a giugno, mentre quelle per il 2013 sono rimaste invariate a +2,4%. Come è possibile che le previsioni siano rimaste così stabili alla luce della pubblicazione di dati fortemente deludenti, che hanno chiaramente preoccupato i mercati (e le banche centrali!)? Il sospetto è che gli economisti sell-side vogliano in qualche modo difendere le proprie tesi. È possibile che sino ad oggi il deterioramento dei dati non sia stato così negativo da forzare molte revisioni al ribasso e gli analisti continuino a rimanere incollati alla speranza di una ripresa”.

 QUANDO CADRA’ LA GOCCIA CHE FARA’ TRABOCCARE IL VASO? – La domanda, quindi, è la seguente: quando cadrà la goccia che farà traboccare il vaso? Dobbiamo aspettarci un’ondata di revisioni al ribasso se la serie dei dati negativi proseguirà ancora un po’? In se stesso, un simile sviluppo diventerebbe probabilmente a sua volta un importante catalizzatore di ulteriori riduzioni delle stime degli utili. Al contrario, seguendo la stessa linea di ragionamento, se i dati cominciassero a superare le attese, potremmo non assistere a molte revisioni al rialzo della crescita del Pil, poiché gli economisti con un orientamento più pessimistico, le cui vedute erano state in precedenza avvalorate dai dati, potrebbero rimanere per un po’ sulle loro posizioni prima di gettare la spugna. In tale contesto, il Giappone merita una speciale menzione, poiché qui le aspettative di consenso hanno davvero subito notevoli variazioni.

Le stime sulla crescita del Pil 2012 hanno mostrato un andamento altalenante, passando dal 2,5% circa di ottobre/novembre 2011 a un minimo dell’1,5% a febbraio, per poi risalire al 2,5% a giugno. Il motivo di questa oscillazione va probabilmente ricercato nelle ripetute sorprese dei dati sui consumi a partire da inizio anno, che appaiono però in gran parte legate al recupero dallo tsunami dello scorso anno. E dato che la Banca del Giappone ritiene, a quanto pare, che il tasso di crescita tendenziale del Pil reale sia considerevolmente al di sotto dell’1%, sembra improbabile che voglia ulteriormente incoraggiare tale robusta espansione in futuro. Ma gli investitori sembrano eternamente disposti a lasciarsi fuorviare dalle dichiarazioni della banca centrale che “questa volta è diverso” e che consentirà un aumento dei consumi o dell’inflazione – prima nell’inevitabile disillusione. Diversamente dalla maggioranza degli operatori, preferiamo non rimanere nuovamente delusi (mi hai preso in giro una volta…) e pensiamo che le aspettative di mercato siano troppo positive alla luce della realtà istituzionale sottostante”.

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