Sportelli bancari, prepariamoci a una rivoluzione

Mai come oggi il mondo bancario sta attraversando un momento di profonda difficoltà.

Questo è evidente da molte cose. A cominciare dal fatto che il modello dello sportello bancario tradizionale è superato e nel medio periodo molti dovranno chiudere cambiando anche l’urbanistica delle città visti gli spazi che resteranno liberi. I costi sono difficilmente sostenibili per non parlare poi della forte crescita dei crediti in sofferenza, di attivi difficili da amministrare e parametri europei sempre più difficili da rispettare. Mai come oggi, insomma, si è rotto il mito della banca sia dal lato dei clienti sia da quello dei dipendenti. Sta di fatto che è da tempo che molte delle risorse coinvolte si stanno guardando intorno e puntano anche alle reti perché cambiare banca non cambia, in molti casi, la sostanza. A causa di modelli piuttosto standardizzati, poca flessibilità, scarso dinamismo e ambienti poco inclini a valorizzare le persone. Tanto che una figura professionale come quella del private banker all’interno della banca tradizionale non ha, in genere, ampi spazi di manovra. Molti si sentono come soldati che non capiscono il disegno della guerra o perché occorra combattere. E questa discorso può valere anche per i gruppi esteri. Anche in questo caso, i centri di comando restano fuori dall’Italia. Da noi le dimensioni sono minori e le realtà a cui fanno capo sono talmente strutturate da impedire, quasi sempre, ai bravi professionisti di muoversi in modo autonomo. Molti sono stanchi di riunioni e modelli in francese, tedesco, inglese, spagnolo e olandese. Siamo italiani dobbiamo pensare e agire in modo internazionale ma non dimenticarci che lavorare per gli altri non sempre è un valore.

Quindi ad avvicinarsi alla professione della promozione finanziaria sono solo i professionisti dalla grande esperienza?

Nel nostro caso è soprattutto così ma il mercato è ampio. Circa due anni fa abbiamo messo in piedi un progetto, Azimut wealth management, divisione del gruppo, che è sul mercato un’alternativa vincente per professionisti di alto livello che desiderano lavorare in un ambiente flessibile in cui possono anche replicare il loro modelli. La divisione opera per tutte le nostre reti, Azimut consulenza, Az Investimenti e Apogeo e rappresenta un’alternativa concreta verso il mondo del private banking o i pf top del mercato.

E quanti ne sono arrivati da voi in questi due anni?

Sui 110 wealth manager attuali, 35 sono stati reclutati negli ultimi due anni e sono tutti professionisti ex bancari di alto profilo. Abbiamo impostato un pacchetto retributivo innovativo che li tranquillizza per un certo numero di anni per aiutarli a capire cosa vuol dire essere liberi di operare per i clienti e se stessi e guadagnare per il valore che si genera. Si tratta di garanzie e non di anticipi provigionali, ovvero uno stipendio importante a cui va aggiunta la parte variabile e soprattutto tutte le armi a disposizione per seguire bene i clienti dal punto di vista del patrimonio personale, familiare e aziendale. In questo progetto stiamo investendo molto. Chi ci sceglie sono figure professionali ambiziose tra 35 e i 50 anni, con un’ottima reputazione sul mercato, che sono molto considerati dove lavorano. Sono dirigenti o quadri direttivi che hanno capito che bisogna affrontare il futuro con schemi diversi. Oggi le banche sono prese da altro e in futuro dovranno tornare a fare il loro lavoro.

Del resto, troppi private banker si sono trovati a vendere obbligazioni strutturate o bancarie.

Infatti da noi lo sguardo è rivolto a un maggiore dinamismo commerciale e a più progettualità. Cerchiamo di prendere il buono delle migliori private bank e lo facciamo confluire nel buono del mondo delle reti (sensibilità, capacità di creare valore remunerato, il fatto di non sentirsi un numero e la capacita di gestire e coccolare i clienti).

E sul patto di non concorrenza?

Per noi sono sbagliati. Non ha senso avere un bravo professionista costretto a rimanere dove sta male solo per il fatto di aver firmato un pezzo di carta. I clienti avvertono il disagio: un professionista demotivato non può che trasmettere una cattiva immagine della società. Comunque, questo è uno degli elementi che teniamo in considerazione quando siamo in trattative con un professionista che consideriamo interessante.

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