Banca Network, da dipendenti e pf amarezza e preoccupazioni

Ultime battute per la vicenda Banca Network dopo la decisione di liquidare tutto, lasciando a casa quasi 60 dipendenti. Una novità nell’aria già da qualche tempo e che nonostante il grido di protesta dei lavoratori dell’ex banca Bipielle Net non sembra trovare nessuno interessato a offrire loro una prospettiva futura. È del resto un periodo difficile per la finanza in tutto il mondo, complice mercati che restano volatili per il protrarsi della crisi del credito europeo e la prospettiva di un rallentamento economico più marcato e prolungato del previsto nel Vecchio Continente anche a causa delle misure di austerity varate dai Paesi “periferici” del Sud Europa, tra cui l’Italia.

I soci (Aviva, Sopaf, Dea Partecipazioni e Banco Popolare) si sono sostanzialmente chiamati fuori e anzi Sopaf ha respinto ogni addebito in merito alle indiscrezioni di stampa circa un’inchiesta che la magistratura milanese avrebbe avviato sulla vicenda ricordando di “non detenere e non aver mai detenuto il controllo di Banca Network Investimenti”, di non avere “mai avuto alcuna esposizione nei confronti di Lehman Brothers” e che Ruggero Magnoni unicamente “un azionista di minoranza di Sopaf”, con una quota del 6,52%, e “non ha mai ricoperto alcuna carica nella società” né “ha mai partecipato ad alcun processo decisionale” della medesima.

Risposte che non sembrano rassicurare né i dipendenti (che chiedono a tutte le parti coinvolte un’assunzione di responsabilità nei loro confronti) né i promotori finanziari, oggetto di una proposta da parte di Consultinvest sim (che ha acquisito per 15 milioni di euro diritti su masse gestite per circa 1,8 miliardi e avrebbe già visto l’adesione di 130-180 promotori alla propria offerta, dei circa 300 rimasti in Bni e in fase di ricollocamento). Anzi, un “ex pf” commenta amareggiato: “naturalmente non ha colpa nessuno”, ma “chi ha messo a capo della rete Acquaviva? Chi ha fatto amministratore delegato prima Sturmann e poi Cozzolini? Non certamente noi pf” che in alcun casi “ce ne siamo andati” in disaccordo con “la loro gestione, i loro stipendi, i loro strutturati”. Ora però, conclude il lettore, “le conseguenze le pagano solo i pf e i clienti” e non sembra davvero un bell’esempio di tutela del risparmio.

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