Mps, occhio agli aumenti di costi e commissioni

MONTI BOND PIU’ CARI DEI TREMONTI BOND – È il tema del momento e diamo per scontato che chi ci legge conosca a sufficienza le vicende del Monte dei Paschi di Siena. La banca, in evidenti difficoltà, verrà salvata dai famosi Monti bond, figli spuri dei Tremonti bond a cui Mps farà ricorso per 3,9 miliardi di euro. La differenza tra i Tremonti e i Monti bond è che i secondi sono molto più costosi dei primi. Questi soldi che lo Stato darà alla banca senese dovranno essere rimborsati a un tasso crescente, che parte dal 9% e arriva fino al 15%. Bene. Sin qui tutto detto e tutto scritto.

E SE LA BANCA NON RIUSCISSE A PAGARE? – Se Mps non pagherà, lo Stato verrà rimborsato con azioni della banca, che verrà così nazionalizzata. Bastano due calcoli semplici: oggi Mps capitalizza 3 miliardi di euro in Borsa, se dovesse rendere 3,9 miliardi non basterebbero nemmeno tutte le azioni per soddisfare il creditore. Il destino di Mps sembra dunque segnato e la sensazione prevalente è che i 3,9 miliardi non verranno rimborsati.

TOSARE I CORRENTISTI – Però se il presidente Profumo e l’amministratore delegato Viola volessero tentare un recupero dovrebbero tagliare i costi e aumentare i ricavi. Il taglio dei costi è già iniziato con la riduzione delle filiali, un piano di diminuzione del personale e l’abbattimento di premi e privilegi. Ma per aumentare i ricavi, una banca che dovrà agire con molta cautela, visti i trascorsi degli eccessi della finanza creativa, potrà ragionevolmente aumentare i guadagni dalla clientela. Insomma, tosare i correntisti, che potrebbero vedersi incrementare costi e commissioni. Certo, ci sono altri modi per far salire le entrate, magari dando più qualità agli investimenti. Ma con una zavorra come quella del Montepaschi, fatta di un macigno di Btp a lunga scadenza e circa 17 miliardi di crediti “difficili”, i margini di manovra sono molto ridotti.

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