Assoreti alle società: seguite le buone pratiche di remunerazione

SI PARLA DI REMUNERAZIONE – Le protagoniste della promozione finanziaria tornano a parlare di remunerazione. E lo fanno a seguito della convocazione da parte di Assoreti. Con la circolare 32 del 2 luglio 2013, l’associazione di categoria ha indetto una riunione con le associate per parlare di politiche di remunerazione e delle linee guida dell’Esma. Lo si apprende dal sito dell’associazione stessa. La circolare, accessibile solo per le associate, è accompagnata da un allegato che fa il punto su “politiche e prassi di remunerazione nel rispetto delle regole di condotta e sui conflitti di interesse previste dalla Mifid“. Con una distinzione, dunque, tra pratiche buone e cattive (definite nel documento “good” e “poor practice”). La buona pratica prevede che la parte variabile della remunerazione sia calcolata e pagata su base lineare e non al raggiungimento di target, del tipo “tutto o niente”. In alcuni casi l’intermediario decide di frazionare il pagamento della remunerazione variabile in tranche spalmate su un arco temporale, così da tener conto dei risultati di lungo periodo.

LE BUONE PRATICHE – È buona pratica anche quando un intermediario ha modificato sostanzialmente le componenti della remunerazione variabile in modo che quest’ultima sia basata su criteri qualitativi e rifletta maggiormente il dovere dei dipendenti di agire nel migliore interesse dei clienti. Sempre buona pratica è quando i criteri usati per il calcolo della retribuzione variabile del personale sono comuni per tutti i prodotti venduti e includono criteri qualitativi. Nel caso di un investimento di tipo aperto senza termine, è buona cosa che la remunerazione sia differita per un determinato numero di anni o fino al rimborso del prodotto. Il pagamento della remunerazione variabile può essere allineato alla durata dell’investimento o differito per assicurare che il prodotto venduto prenda effettivamente in considerazione il guadagno finale per il cliente. Infine, va bene quando i dipendenti sono remunerati in relazione sia al volume dei prodotti venduti sia all’effettivo guadagno derivante al cliente dalla vendita di tali prodotti in un appropriato periodo di tempo.

NON VA PER NIENTE BENE – Esempi di “poor practice”? Ce ne sono diversi. Innanzitutto, non va bene quando un intermediario inizia offrendo ai consulenti uno specifico ulteriore compenso per incoraggiare i clienti a richiedere nuovi prodotti in cui lo stesso intermediario ha un interesse specifico. Di conseguenza, spesso accade che il professionista suggerisca ai suoi clienti di vendere prodotti che avrebbe altrimenti consigliato di mantenere, così da poter investire nei nuovi prodotti che convengono all’intermediario. Ma non va bene neanche quando il manager e i dipendenti ricevono bonus elevati collegati a uno specifico prodotto, e l’intermediario è spinto a vendere il prodotto prescindendo dall’adeguatezza della proposta per il suo cliente. Gli ammonimenti dei risk manager sono ignorati, dal momento che questi prodotti generano rendimenti elevati per l’intermediario stesso e bonus alti per manager e dipendenti. E quando si verificano i rischi paventati, i bonus risultano essere già stati erogati.

ALTRI COMPORTAMENTI SCORRETTI – È una cattiva pratica quando la componente variabile della remunerazione totale si basa esclusivamente sui volumi delle vendite e focalizza l’attenzione dei professionisti sui guadagni di breve termine piuttosto che sul miglior interesse del cliente. Lo stesso, è una scorrettezza se i professionisti – nel documento definiti anche “persone rilevanti” – effettuano frequenti operazioni di acquisto e vendita di strumenti finanziari del portafoglio di un cliente con l’obiettivo di percepire una remunerazione aggiuntiva e senza considerarne l’adeguatezza per il cliente stesso. Infine, non è un bene se, invece di considerare l’adeguatezza di un prodotto per il cliente, i professionisti si focalizzano sulla vendita di prodotti a breve termine “al fine di ottenere guadagni dal continuo re-investimento del prodotto”.

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