Promotori, se il cliente recede

IL CONTESTO NORMATIVO – Con la sentenza numero 13095 del 3 giugno 2013, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno enunciato un importante principio di diritto in materia di ius poenitendi. Il contesto normativo di riferimento è quello disegnato dall’articolo 30 del Tuf, secondo cui l’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è “sospesa” per la durata di sette giorni. Entro tale termine, il cliente può comunque esercitare il suo recesso, senza spese né corrispettivo. La facoltà di recesso deve essere espressamente indicata nel contratto e, laddove tale indicazione manchi, questo deve ritenersi affetto da nullità (relativa).

IL DIRITTO DI RECESSO ACCORDATO ALL’INVESTITORE – La sentenza numero 13095, inscrivendosi nel solco della disciplina dell’offerta fuori sede, statuisce, in particolare, che il diritto di recesso accordato all’investitore dal sesto comma dell’articolo 30 e la previsione di nullità dei contratti in cui quel diritto non sia contemplato (contenuta nel successivo settimo comma) trovano applicazione non solo nel caso in cui la vendita fuori sede di strumenti finanziari sia intervenuta nell’ambito di un servizio di collocamento prestato dall’intermediario in favore dell’emittente o dell’offerente, ma anche quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione di un servizio di investimento diverso, laddove ricorra la stessa esigenza di tutela. Tale sentenza ha il pregio di aver posto termine a un contrasto dottrinale giurisprudenziale registratosi in precedenza. Cionondimeno, essa non ha spento il fuoco del dibattito sorto intorno al diritto di recesso il quale, lungi dall’essersi sopito, sembra oggi trarre dalla stessa nuovo ossigeno vitale.

L’ORIENTAMENTO DELLA CONSOB – La sentenza si pone peraltro in contrasto con l’orientamento espresso dalla Consob, la quale in una sua comunicazione aveva specificato che, nell’offerta fuori sede (ispirata all’esigenza di protezione della clientela da modalità di vendita “sorprendenti”), il legislatore ha inteso apprestare una tutela rafforzata all’investitore non professionale nella formazione del consenso limitatamente alla conclusione dei soli contratti di “collocamento” e di “gestione di patrimoni”. Questa impostazione riflette con ogni evidenza la volontà di istituire un sistema di tutela dell’investitore più debole per calmierare il cosiddetto “effetto sorpresa” immanente nella sollecitazione fuori sede, secondo una tecnica tipica del sistema “protezionistico consumeristico”. Superando tale impostazione, la Cassazione (dando atto dell’ambiguità lessicale dell’articolo 30 nonché dell’impossibilità di ricorrere utilmente all’ausilio di ulteriori criteri ermeneutici, dato storico e/o argomentazioni di diritto comunitario) ha sottolineato la necessità di guardare alla ratio legis del diritto di recesso nell’offerta fuori sede. In tal caso, afferma la Corte, è logico presumere che l’investimento non sia una decisione autonoma del cliente, ma costituisca piuttosto il frutto di una sollecitazione da parte del promotore finanziario la quale, cogliendolo impreparato, lo abbia indotto a una scelta non meditata.

UNA RIFLESSIONE PREVENTIVA – In quest’ottica, il diritto di recesso varrebbe quindi a ripristinare ex post quella mancanza di adeguata riflessione preventiva e dovrebbe dunque essere riconosciuto in tutte le ipotesi in cui l’intermediario venda fuori sede strumenti finanziari, indipendentemente dalla tipologia contrattuale usata. Al di là dei meriti e dei demeriti di questa sentenza, non può non segnalarsi come i suoi riflessi in termini operativi e contrattuali a carico degli intermediari siano a dir poco dirompenti. Sul punto e a tacer d’altro, non può escludersi in assoluto il rischio di “comportamenti opportunistici” del cliente, il quale, in caso di modifica peggiorativa del valore di un titolo nei sette giorni dall’operazione, decida di esercitare – a dispetto del principio di buona fede autorevolmente richiamato dall’estensore della sentenza – un recesso “speculativo”.

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