Ecco perché l’80% degli intermediari uscirà dal mercato

INTERMEDIARI FINANZIARI A RISCHIO – Un recente studio di Sestante Culturae, di cui BLUERATING aveva parlato qualche giorno fa (qui la notizia), sostiene che l’80% degli intermediari finanziari non bancari attivi in Italia rischia di uscire dal mercato in seguito all’andamento congiunturale dell’economia e alle disposizioni applicative del decreto legislativo 141/2010, che riforma il settore della mediazione creditizia. La nostra testata ha parlato con il direttore dell’associazione culturale che ha realizzato la ricerca, Mario Basilico. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dott. Basilico, ci vuole spiegare in dettaglio perché l’80% degli intermediari finanziari non bancari in Italia rischia di finire a gambe all’aria?
Sestante Culturae ha analizzato i bilanci 2011 di 547 società finanziarie iscritte all’elenco ex artt. 106 e 107 Tub, operanti nel leasing, nel factoring, nel credito al consumo e nell’erogazione di finanziamenti (dall’analisi sono stati invece esclusi Confidi, fiduciarie e cartolarizzazioni regolamentate da disposizioni specifiche). Dall’analisi è emerso che solo 194 società (su 547) presentavano un ebitda superiore al 30%, ritenuto il livello minimo per una gestione redditizia.  Il principale problema è dato dal funding. Queste finanziarie non accedono direttamente ai canali primari per approvvigionarsi di capitale ma si servono sul mercato bancario. Devono innanzitutto riuscire a ottenere credito dalle banche e, in seguito, applicare spread sui tassi che permettano loro di generare ricavi. Anche gli istituti di credito, com’è noto, sono in difficoltà e la crisi quindi ricade a cascata sulle società finanziarie non bancarie. In questa difficile congiuntura si inserisce la normativa secondaria in corso di elaborazione alla Banca d’Italia, nell’ambito della riforma dell’intermediazione finanziaria non bancaria (D.Lgs.141/2010).

Si è parlato di aggregazioni in arrivo? Ha qualche nome in mente?
Diversi soggetti si potrebbero aggregare, ma al momento non ci sono ipotesi concrete.

Come cambierà il mercato degli intermediari finanziari?
La nuova normativa introdurrà requisiti organizzativi, amministrativi e patrimoniali più stringenti che, tra l’altro, si tradurranno in un aumento medio dei costi a carico delle società. A seconda delle dimensioni e della struttura organizzativa, l’incremento potrà variare da decine a centinaia di migliaia di euro all’anno, comprimendo i margini di imprese già penalizzate dalle difficoltà nel funding e dalla diminuzione dell’attività creditizia.
Assisteremo quindi a un’inevitabile riduzione del numero di operatori, peraltro già iniziata, con una diminuzione della competitività del settore. Assisteremo all’assottigliarsi della mole dei crediti erogati da queste realtà, al momento stimata attorno ai 200 miliardi, con conseguenze rilevanti per imprese e famiglie.

Di quanto si ridurrà il numero degli operatori in Italia?
Simulando gli effetti della normativa sul conto economico delle imprese analizzate, si può stimare che solo una su cinque avrà i numeri per restare sul mercato. I nuovi requisiti impongono alle aziende livelli di ricavo non inferiori a 10 milioni di euro l’anno. Al di sotto di questa soglia le società si vedranno costrette a sforzi straordinari, quali fusioni, esternalizzazioni dei servizi al fine di ridurre i costi. L’ultima ratio sarà la definizione di una exit strategy dal settore.

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