Banche Popolari, un modello di democrazia societaria

IL MODELLO POPOLARE – La crisi ha fatto sì che le imprese cooperative abbiano trovato, specie a livello europeo e internazionale, quel riconoscimento che meritano grazie al ruolo positivo che hanno assunto a sostegno dell’economia reale, facendo emergere l’importanza del pluralismo delle forme di impresa, specie nel settore bancario. Mi limito a citare, oltre ai contributi del Ceps e dell’Fmi, solo il recentissimo rapporto dell’Ilo, l’Organizzazione del lavoro delle Nazioni Unite, dal significativo titolo “La resilienza in tempi di recessione: il potere delle cooperative finanziarie”, dove si sottolinea che la cooperazione bancaria, di cui le Banche Popolari sono parte integrante, abbia messo a segno, pur in uno scenario fortemente recessivo, una crescita degli attivi, dei depositi e degli impieghi, grazie al suo peculiare modello caratterizzato, in primis, dal voto capitario.

LE DECISIONI DEI SOCI
– È infatti proprio nella materia dell’esercizio del voto e, dunque, della partecipazione dei soci alle decisioni sociali che si riscontra il più elevato grado di diversità con la disciplina delle società per azioni: nelle Banche Popolari, grazie al voto capitario, non esistono né una maggioranza precostituita di controllo né tantomeno “noccioli duri” e i soci, tutti i soci, possono realmente e paritariamente concorrere a prendere le decisioni più rilevanti per la vita della loro banca, ivi compresa la scelta degli amministratori. Amministratori che, proprio in virtù della democrazia societaria basata sulla parità dei soci, caratteristica di tutte le Banche Popolari, sono espressione dell’intera compagine sociale e non di questa o quella maggioranza o minoranza precostituita.

LA MISSIONE COOPERATIVA
– Ciò consente di affrancare il governo aziendale da interessi particolaristici e di perseguire anche in tempi di crisi la mission cooperativa: crescere nella qualità assicurando una redditività costante nel tempo, mantenere il radicamento nel territorio, privilegiare nello sviluppo la logica di banca solida, continuare ad assicurare il sostegno all’economia reale e in particolare alle piccole e medie imprese e alle famiglie. Il voto per testa garantisce che le scelte assembleari nascano da voti uguali, determinati dall’adesione convinta e diffusa da parte dei soci alle scelte strategiche degli amministratori e non dal numero delle loro azioni. A tal proposito, va sottolineato come il principio del voto capitario nelle cooperative non possa essere considerato alla stregua di un’”anomalia” o di una “deviazione” dalla regola del voto per azione nelle spa.

LA VISIONE EUROPEA – Il voto per testa è previsto in tutta Europa nelle discipline nazionali sulle società cooperative da norme inderogabili di diritto societario. Tale regola, in ragione della particolare natura delle cooperative, è riconosciuta e tutelata anche dal diritto comunitario, nel regolamento sulla società cooperativa europea. Anche la Commissione europea, per mezzo dell’allora commissario McCreevy, affermò già nel 2005 che “per le cooperative il principio è piuttosto quello del voto per testa, che è un concetto profondamente diverso. Sono ben consapevole che lo scopo perseguito dalle società cooperative e più in generale la loro natura non possono essere paragonati a quelli propri delle società per azioni. La principale caratteristica di una cooperativa è la solidarietà che è intrinsecamente connessa alla sua attività. Tale differenza è fondamentale. Nel caso delle cooperative, assicurare che il controllo sia proporzionato al rischio non rappresenta una priorità”.

RISCHI PER LA DEMOCRAZIA – Conclusione, questa, poi ribadita con l’archiviazione della procedura d’infrazione relativa alla disciplina delle Banche Popolari con il riconoscimento della piena compatibilità del voto capitario con il trattato europeo e della natura pienamente cooperativa, de iure et de facto, delle Popolari. Nonostante ciò, non è spesso chiaro a tutti cosa sia una cooperativa e tantomeno quali siano le implicazioni di un modello cooperativo rispetto a chi vi partecipa. Occorre allora chiarire che, poiché non c’è alcun dubbio che le Banche Popolari partecipano a pieno diritto alle regole proprie delle società cooperative, allora non c’è alcuna possibilità di alterare gli attuali meccanismi di voto. Non si tratta solamente di attenersi al quadro normativo di riferimento, ma di principi che scaturiscono dalla natura di democrazia diretta propria di ogni società cooperativa. Ben vengano dunque le critiche se volte a migliorare e non a snaturare un modello già di per sé vincente e, come già in più occasioni dimostrato, aperto a valutare gli elementi idonei a renderlo ancora più efficiente. Diversamente, la mera trasposizione in ambito cooperativo di soluzioni tarate sulle società di capitali alle quali è del tutto estraneo lo scopo mutualistico non può che tradursi in un grave vulnus per la democrazia economica e per il pluralismo.

Giuseppe De Lucia Lumeno è il segretario generale dell’Associazione nazionale fra le Banche Popolari. Trovi il suo intervento anche sul numero di BLUERATING di agosto.

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