Papini (Ubs Global AM Italy): le soluzioni vincenti sono “senza vincoli”

Come sta andando il mercato del risparmio gestito in Italia? E quali sono le strategie di portafoglio per i prossimi mesi? A rispondere è Giovanni Papini, a.d. di Ubs Global AM Italy.

Come sta andando il 2014? Che cosa ci può dire a riguardo?
Rispetto ai dati non eclatanti degli anni scorsi, il risparmio gestito italiano sta andando bene. Si temeva un’inversione di tendenza, a causa della dinamica dei tassi o della ripresa dell’inflazione. Invece, la metà dell’anno se n’è andata in modo sereno.

E il prossimo futuro? Lei come vede la seconda parte dell’anno, tanto per cominciare?
Il trend del mercato continua a essere positivo. Negli anni passati c’è stata una crescita consistente, guidata però da fenomeni aggressivi o focalizzata su determinate categorie di prodotto. Ora è venuto il momento di alzare l’asticella qualitativa senza focalizzarsi troppo sui blockbuster. Questa fase è una sfida per i distributori, non soltanto per gli asset manager. C’è infatti bisogno di dare consulenza. Pensare oggi a un mercato che si concentra in maniera aggressiva solo su quattro o cinque soluzioni di consulenza non è sinonimo di qualità. Ci vuole diversificazione, al di là delle mode.

Lei cosa ne pensa del progetto di quotare i fondi in Borsa?

È un tema di cui si parla molto, attribuendogli una forte valenza di innovazione e di miglioramento per il cliente. In realtà a me sembra una prospettiva con un debole valore aggiunto, ancora da dimostrare. Se alcuni elementi, soprattutto dal punto di vista dei costi, sono comprensibili – ma ancora da verificare – appare molto discutibile l’intenzione di rafforzare a tutti i costi il “contatto” diretto tra produttore e cliente finale, in un mondo che intende andare sempre di più verso la consulenza a valore aggiunto da parte di professionisti. Da questo punto di vista, l’acquisto diretto dei fondi potrebbe non essere un vantaggio per gli investitori finali. E per chi preferisce il fai-date sono già disponibili diversi “supermercati” online di fondi. La fisionomia attuale del mercato italiano vede una presenza importante degli intermediari. Sono principalmente consulenti e professionisti a guidare gli investitori. Il che non è poi così strano o primitivo. Anche il mercato americano è guidato dalla forza della relazione tra investitore privato e financial advisor.

Ma ciò che mi sembra ancora più debole è l’effettivo interesse, al momento, da parte di un numero significativo di operatori del settore. Noi, dal suo punto di vista, in quale fase siamo attualmente?
Siamo di fronte a un processo di continua sofisticazione, ma non in termini di maggiore complessità. Noi non siamo altro che dei produttori, costruiamo e gestiamo strumenti di investimento. Il nostro compito è mettere a disposizione dei mattoncini per far crescere l’attività di consulenza. Un modo efficace di dare valore aggiunto è proporre prodotti consolidati e lavorare in tandem con i distributori. Occorre fare un lavoro convergente. Ad avvantaggiarsi di questo processo sono soprattutto i clienti. L’Italia resta uno dei mercati più aperti nel settore dell’asset management.

Che cosa vi chiedono le reti di distribuzione, in questo periodo? Quali segnali arrivano da questo importante canale?
Ci chiedono capacità di innovazione e soluzioni di investimento che si adeguano alle mutevoli condizioni di mercato. Gli investitori ultimamente stanno chiedendo fondi che generano e distribuiscono rendimenti periodici. L’ultimo fondo proposto in Italia risponde proprio a questo bisogno: investe a livello globale in un portafoglio diversificato di titoli high dividend a bassa volatilità e basso beta e utilizza una strategia basata su opzioni call overwriting che, con l’incasso mensile dei premi, alimenta il flusso cedolare del fondo. Ma l’attenzione più elevata è sulle soluzioni “unconstrained”, ossia senza vincoli. Rispetto al passato, il comportamento dei mercati è diventato molto più imprevedibile. Non possiamo più aspettarci lunghe fasi di mercati rialzisti e il concetto di riskfree è ormai tramontato. È bene che gli investitori, oggi più che mai, si lascino guidare da mani esperte, affidandosi a gestori in grado di entrare e uscire dal mercato con la massima libertà. La bravura del gestore, oggi, non è più soltanto quella di far raggiungere all’investitore una determinata destinazione (la performance), ma anche di accompagnare il suo percorso riducendone gli scossoni (volatilità). Per far ciò, però, il gestore ha bisogno di maggiore libertà e flessibilità rispetto al passato. Le strategie “unconstrained” offrono proprio questo e consentono di ottenere, potenzialmente, risultati decorrelati dai mercati, di contenere la volatilità e di ricercare le migliori opportunità di investimento, ovunque esse siano, anche in territorio negativo attraverso l’utilizzo di posizioni short.

A quali numeri puntate?
L’ambizione è superare un miliardo di raccolta netta. Ora siamo un po’ sopra alla metà, siamo moderatamente positivi sui risultati.

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