SPORTELLO ADVISORY – Bollo sui titoli falliti? Va pagato lo stesso

DOMANDA – Alcuni miei clienti posseggono vecchi titoli in default quali bond argentini o azioni di società fallite e si lamentano di pagare il bollo per titoli senza valore. Come potrei dar loro una mano?

RISPOSTA – In effetti, il problema dell’imposta di bollo sui titoli in default ha assunto dimensioni molto rilevanti dopo che le modalità di applicazione sono state modificate prima dal Decreto Legge 98 del 6 luglio 2011 e pochi mesi dopo dal Decreto Legge 201 del 6 dicembre.
Il primo provvedimento ha introdotto, per il solo secondo semestre 2011 in cui è stato in vigore, l’applicazione dell’imposta di bollo per scaglioni di imponibile, mentre il secondo ha previsto l’aliquota percentuale dello 0,1% per il 2012 e dello 0,15% per il 2013, divenuta poi 0,2% dall’anno in corso. Più in dettaglio, a essere stato modificato è stato il comma 2-ter, articolo 13, della tariffa allegata alla parte prima del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642. Per il calcolo del controvalore su cui applicare l’imposta si considera in prima istanza il valore di mercato, o, quando non possibile, il valore nominale o di rimborso. Ciò è stato specificato dall’Agenzia delle Entrate con le Circolari 40/E del 2011 e 48/E del 2012. La conseguenza di tutte queste modifiche si è concretizzata in una enorme ingiustizia che vede, per esempio, un portatore di centomila euro nominali di vecchi bond argentini in default essere tassato come se i centomila euro fossero reali.
Cosa fare? Al momento le norme non offrono sbocchi alle speranze dei clienti del lettore. La stessa Direzione centrale normativa dell’Agenzia delle Entrate, nel corso di un incontro tenutosi nel novembre 2012 con una associazione dei consumatori (Aduc) che aveva sollevato il problema, ha affermato che non vi è modo di intervenire se non modificando la legge. Modificarla sì ma come? Una ipotesi può essere quella di sospendere l’applicazione del bollo su questa tipologia di titoli per poi applicarlo, per ciascun anno, sul solo valore effettivamente erogato dallo strumento nel corso o al termine della procedura concorsuale cui l’emittente è sottoposto. Una soluzione di buon senso e come tale sempre difficile da realizzare in Italia.  

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