Voluntary disclosure, cosa sta succedendo in Svizzera

IL SEGRETO BANCARIO – Che cosa ha spinto un Paese come la Svizzera, storicamente incline al segreto bancario, a modificare la propria normativa per adeguarsi alle posizioni adottate da vari Paesi del G20, che puntano allo scambio automatico delle informazioni ai fini fiscali? “Il segreto bancario in Svizzera è nato nel 1700 senza fini fiscali: l’aspetto fiscale è diventato il driver in anni recenti”, ha spiegato Peter André Jäggi (nella foto), socio dello studio legale tributario Jäggi & Scheller SA, nel corso di un convegno organizzato nei giorni scorsi a Milano dallo studio legale La Scala. “L’ordinamento interno svizzero non concede l’accesso alle informazioni coperte da segreto bancario alle autorità fiscali domestiche, perché deve esserci rapporto di fiducia con il cittadino e lo Stato: per questo, in Svizzera esiste la differenza tra sottrazione di imposta e frode fiscale. Queste particolarità erano applicate anche nei rapporti con l’estero”. Ma ora il mondo sta cambiando e il Paese ha deciso di adattarsi alla spinta verso una maggiore trasparenza in materia fiscale.

IL PESO DELLE BANCHE – Anche perché, ha sottolineato il legale, in realtà il peso delle banche sul Pil svizzero è pari a solo il 10,5% di questo solo la metà – pari a 2.700 miliardi di franchi – deriva da depositi esteri e 500 miliardi derivano dai depositi privati: la stima dello Stato italiano, che crede di poter recuperare circa 200 miliardi dalle casse svizzere, “risulta dunque un po’ eccessiva, anche perché nessuno sa quali siano i fondi dichiarati e quelli non dichiarati”. Oggi dunque, ha proseguito l’avv. Jäggi, la Svizzera “ha 50 convenzioni negoziate con Paesi importanti e sette trattati che regolano la materia”. A questo punto si è però posta la questione di come risolvere il passato e sanare le posizioni, sia dal punto di vista dei clienti sia da quello di banchieri, fiduciari e professionisti che hanno in qualche modo agevolato l’afflusso di beni non dichiarati.

VOLUNTARY DISCLOSURE – Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia hanno già messo in atto dei programmi di regolarizzazione fiscale. Mentre nei rapporti con l’Italia, la Svizzera è ancora uno Stato blacklist, ma per quanto riguarda la voluntary disclosure è “blacklist con accordo”. Il cliente italiano non subirà quindi il raddoppio dei termini e pagherà sanzioni parificate a quelle dei paesi whitelist, limitando così i deflussi dalle casse svizzere provocati dalle multe.

CONFLITTI DI GIURISDIZIONI – L’avv. Jäggi ha infine messo in risalto i conflitti di giurisdizioni e fra norme di diversi ordinamenti giuridici che si pongono attualmente. Un esempio? “Diversi clienti italiani, negli ultimi mesi, hanno cercato di ritirare il contante dalle banche o di effettuare bonifici per l’acquisto di oggetti di valore o verso lidi più lontani. Ultimamente le banche svizzere, preoccupate dei rischi legati al fatto di vedersi accusate di riciclaggio dalla magistratura italiana, si sono opposte a questi atti, perfettamente legittimi secondo la legge svizzera, visti come volti a rendere più difficile la tracciabilità degli averi, ottenendo giudizi altalenanti da parte dei tribunali svizzeri”.

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