Bufi: “Le mie quattro parole ai pf”

Una difesa puntuale dell’operato alla guida dell’associazione. Una direzione di marcia tracciata e dalla quale non si può arretrare. E, da ciò, la consapevolezza che un nuovo mandato da presidente può essere utile alla categoria. Maurizio Bufi, presidente di Anasf che quest’autunno affronterà la partita del congresso, si sente davvero il “pilota da corsa” dei promotori finanziari. Una corsa che ha conosciuto sotto la sua guida successi – tanti – ma anche qualche battuta d’arresto. Ma che, proprio per questo, merità continuità d’azione. Così Bufi ha deciso di svelare a BLUERATING, per la prima volta, i punti della piattaforma della sua ormai decisa ricandidatura.

Più di un anno fa cominciava la battaglia per l’Albo unico della consulenza. Dopo due tentativi di accelerazione parlamentare, oggi tutto è fermo. Cosa è successo? Sono stati fatti errori?
In realtà, non è tutto fermo poiché in piedi c’è ancora il disegno di legge Marino sulla riorganizzazione dell’attività di consulenza finanziaria, anche se come spesso accade ai disegni di legge va un po’ a rilento. In ogni caso, è vero che il cammino per l’Albo unico è stato più lungo e irto di ostacoli di quanto potessimo immaginare, direi un percorso accidentato che ogni volta ci ha condotto in prossimità del traguardo per poi ritornare al punto di partenza. Non so se ci sono stati errori, so che la materia è molto sensibile e sono tanti gli attori in campo. Voglio ricordare che l’Apf, su iniziativa di Anasf insieme alle altre associazioni costituenti l’Albo, si è resa disponibile ad assecondare il tentativo del legislatore di trovare una soluzione alla perdurante situazione di operatori né censiti né vigilati, cioè dei consulenti finanziari e delle società di consulenza, rispettivamente exart. 18 bis e ter del Tuf. Tale riordino dell’attività di consulenza sanerebbe dunque una situazione critica, in cui è il legislatore stesso, insieme agli operatori interessati, a essere inadempiente, soprattutto nei confronti dei risparmiatori. È chiaro che, a fronte di tale scenario, come Anasf abbiamo dichiarato di voler definire il tema della nostra denominazione, della rappresentanza nell’Albo, come pure dell’attribuzione della vigilanza al nuovo organismo. Insomma, sarà il legislatore a decidere tenuto conto che noi il nostro Albo ce l’abbiamo, sono altri che bussano alla nostra casa. Quella casa che abbiamo definito, già oggi, la “Casa della Consulenza”. Un unico tetto dove sono disciplinati tutti gli operatori che a vario titolo svolgono attività di consulenza.

Se le dicessi che uno dei responsabili dell’affossamento della Casa della Consulenza è la Consob, che si vedrebbe così sfuggire la gestione della consistente fonte di incasso dei contributi dei pf, pari a circa 6/7 milioni di euro?
Le direi che è possibile, anche se le informazioni in nostro possesso ci indicano una posizione della Consob disponibile a valutare un unico organismo, al quale delegare la vigilanza sugli operatori, ma solo in presenza di una contropartita, che garantisse il venir meno della fonte di incasso, derivante dai contributi pagati dai pf per l’attività di controllo e sanzionatoria svolta dall’authority. Se la Consob avesse voluto opporsi al trasferimento della vigilanza, non aveva che da dirlo e manifestare da subito la propria contrarietà. Se le dicessi che un altro dei responsabili dell’affossamento della “Casa della Consulenza” è la Banca d’Italia che immagina di riportare il controllo degli organismi di tutti gli intermediari in casa propria? Anche qui le direi che è possibile, considerando un famoso precedente che ha coinvolto sempre il mondo dei promotori, poi sventato. D’altra parte, che l’istituto della banca centrale italiana sia alla ricerca di recuperare degli spazi di intervento sottratti alla propria sfera di responsabilità e interessi, non è un fatto del tutto nuovo, alla luce delle funzioni che via via si sono concentrate in seno alla Bce.

Tassazione sulle rendite finanziarie, aliquota peggiorata sui fondi pensione, eccetera. Non ha l’impressione che la tematica della salvaguardia del risparmio degli italiani stia poco a cuore a questo governo?
Eccome! Non è un’impressione quanto piuttosto una certezza. C’è da dire, tuttavia, che il livello della tassazione delle rendite finanziarie in Italia, prima degli interventi dei governi Monti, Letta e da ultimo Renzi, era certamente di maggior favore rispetto al peso della fiscalità sui redditi di famiglie e imprese. Semmai, sotto questo profilo, è più grave che non si sia approfittato di tali cambiamenti per porre rimedio alle complicazioni di una tassazione delle rendite finanziarie del tutto anacronistica, relativamente alla distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi. L’altra grande perplessità riguarda il passo indietro, rispetto all’architettura agevolativa della previdenza integrativa e complementare, dell’aumento dell’aliquota sui fondi pensione, come pure la decisione del tfr in busta paga. Entrambe decisioni segnaletiche di una volontà di andare nella direzione opposta a quella auspicata dagli operatori e in aperta contraddizione con i precedenti orientamenti in materia dello stesso legislatore. Tuttavia, a me pare che la matrice di tali decisioni, viste nel loro insieme, sia di natura fondamentalmente politica, sulla quale le opinioni sono assai divergenti. Mi limito a osservare che in questi giorni in Gran Bretagna c’è stata la proposta di azzerare le tasse sul risparmio o comunque ridurle.

Ancora un anno fa partiva la vostra campagna di attacco frontale a Enasarco, chiedendone il commissariamento. Non ha l’impressione che vi siete scagliati contro un Moloch? Le ragioni di quell’attacco sono ancora valide?

Che Enasarco sia un vero e proprio Moloch non ci sono dubbi e ne siamo quindi consapevoli. Le ragioni dell’attacco ci sono ancora tutte, come c’erano un anno fa, quando insieme ad altre due sigle di rappresentanza sindacale abbiamo avanzato la richiesta di commissariamento dell’ente, motivata dal venir meno delle garanzie di sostenibilità di lungo periodo previste per legge. Prova ne sia che a gennaio di quest’anno, alla stessa conclusione è approdata la Commissione parlamentare sugli enti gestori, che per voce del suo presidente ha inviato una lettera al ministro del Lavoro con la stessa richiesta. Diciamo che la nostra iniziativa dello scorso anno ha contribuito, facendo leva su un clima fortemente critico nei confronti di Enasarco, a denunciare la disgraziata gestione dell’ente e a favorire una presa di posizione da parte del mondo politico. Questo scenario si è anche riverberato su tutta la vicenda del nuovo Statuto dell’ente, che proprio in questi giorni è all’attenzione del competente ministero.

In Gran Bretagna la normativa Rdr sulla consulenza finanziaria indipendente ha eliminato circa 10.000 financial advisor. Quali pensa saranno gli effetti dell’imminente Mifid 2 sul numero di quelli che attualmente esercitano la professione di pf?
Non credo che l’esperienza inglese della Rdr sia replicabile in Europa, poiché la Mifid 2 in materia di consulenza ha sì introdotto la prestazione su base indipendente e non, ma non con gli stessi requisiti e divieti che caratterizzano l’esperienza anglosassone. Già gli orientamenti dell’Esma in materia ci tranquillizzano e abbiamo ancora tutta la fase di recepimento negli Stati membri su cui lavorare e come Anasf saremo in prima fila per garantire e tutelare l’esperienza dei pf italiani, nel più vasto ambito Ue della figura del tied agent. In sintesi, non credo che si ripeteranno gli stessi effetti negativi sul numero di operatori, semmai si intensificherà la competizione sulla qualità e praticabilità del servizio e sulla relazione con la clientela.

A tal proposito, cosa state facendo in concreto per introdurre la possibilità che il promotore eserciti i mestiere anche come persona giuridica, dando vita a quegli “studi associati” oggi già molto diffusi su altri mercati?
Siamo tra i pochi ad aver posto questo problema all’attenzione del mercato, invocando innanzitutto una uniformità della legislazione, in materia di svolgimento dell’attività anche come persona giuridica, al panorama europeo, giacché siamo l’unico Paese insieme alla Romania a non aver adottato nel nostro ordinamento tale possibilità. È appena il caso di ricordare che siamo per di più “recidivi” in quanto tale modalità di esercizio della professione era prevista già nella prima versione della Mifid. Quindi quale migliore occasione, visto che adesso ci accingiamo a recepire la sua seconda versione? Finora non abbiamo trovato alleati su questo fronte, men che meno le nostre aziende.

Il 2014 è stato un anno record per le reti e per i promotori. Si ha l’impressione, però, che, a parte il recente varo di piattaforme multicanali bancarie dove i pf sono integrati, il resto del settore si limiti a “gestire” un parco clienti esistente. Che ne pensa?
Se il 2014 è stato indiscutibilmente un anno record, vediamo che cosa succederà nell’anno in corso, visto che i primi mesi sono partiti molto bene e a fine anno potremmo registrare risultati ancora migliori. In ogni caso, mi pare che non solo sono cresciute notevolmente le masse, ma anche il numero di clienti e delle famiglie raggiunte e servite dal servizio di consulenza e di collocamento delle reti autorizzate all’offerta fuori sede. D’altra parte è anche vero che il mercato favorevole ha dato una spinta non necessariamente ripetibile, ma i pf hanno dato prova nell’ultimo decennio di saper gestire anche eventuali fasi critiche di mercato, mantenendo la relazione con la clientela acquisita. Diamo tempo al tempo e anche il numero delle famiglie servite dalla consulenza aumenteranno, senza avere la pretesa, in un Paese bancocentrico, di raggiungere posizioni dominanti.

In autunno si terrà il congresso dell’associazione per il rinnovo delle cariche. Par di capire che lei è pronto a ricandidarsi alla presidenza. Quali saranno le parolechiave del suo programma?

Ho aspettato la convocazione del Congresso a dicembre scorso e lo svolgimento a febbraio della nostra ConsulenTia 2015, evento dal quale ho tratto l’ulteriore consapevolezza del grande lavoro svolto in questi quattro anni, per proporre nuovamente la mia candidatura alla presidenza di Anasf. Molti colleghi nei mesi scorsi mi avevano chiesto di dare continuità a questo mandato e io sono pronto per questa rinnovata sfida. E insieme a me tanti dirigenti, espressione di una larghissima parte di associati, ben superiore a quella che mi ha eletto nel 2011. Un motivo in più per corroborare la mia decisione. Quattro sono le parole chiave, una l’ho già indicata: continuità, perché credo che siano stati quattro anni di risultati, sia sul fronte associativo interno che sul versante esterno, ma che richiedono ulteriore tempo per compiere il percorso scaturito dall’ultimo congresso e chiudere i fronti ancora aperti. Un’altra è rappresentanza, intesa non solo come forma di tutela di legittimi interessi di categoria, ma anche come espressione di un’attività professionale moderna con un suo posto riconoscibile e distintivo nella finanza, nell’economia e nella società. Ed ancora: internazionalità, poiché occorre sviluppare una maggiore presenza e visibilità in ambito almeno continentale, oltreché presidiare quello domestico. Infine: leadership, affinché oggi come domani chiunque in Anasf senta la responsabilità, l’orgoglio e il senso di appartenenza a una associazione composta da migliaia professionisti della consulenza finanziaria in Italia.

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