“Nel mondo della consulenza finanziaria con l’arrivo della Mifid 2 succederà ciò che succede spesso con la pioggia in Formula 1. Chi è partito in testa deve fermarsi ai box e cambiare gomme. E così viene superato da chi è partito dietro, ma con l’attrezzatura giusta”. Così Dario Di Muro (nella foto), neo amministratore delegato di Finanza & Futuro Banca, nella sua prima intervista racconta a BLUERATING la straordinaria opportunità di crescita della rete di consulenti finanziari e private banker controllata da Deutsche Bank SpA. Di Muro, che snocciola alcuni obiettivi di raccolta e di portafoglio medio, affronta poi due temi che agitano l’industria: l’arrivo della Mifid 2 e il personal branding dei consulenti.
A trent’anni dalla sua nascita quali restano i punti di forza e di distinzione di Finanza & Futuro Banca nell’industria della consulenza finanziaria italiana?
Innanzitutto la qualità dei nostri consulenti, sia dal punto di vista delle competenze tecniche e professionali che deontologiche.
E poi la nostra esperienza e il nostro coraggio, considerando che spesso in passato siamo stati veri e propri pionieri in alcune circostanze: ricordo per esempio che Finanza & Futuro è stata la prima rete di consulenti a diventare banca, la prima rete a quotarsi in borsa e la prima rete in architettura aperta effettiva. Finanza & Futuro è e rimarrà un grande player del nostro mercato. Senz’altro conoscerà ulteriori evoluzioni, ma nel segno della continuità. E questa continuità è data da alcuni pilastri consolidati e irrinunciabili sui quali si basa la nostra azione, a cominciare dalla libertà e dall’autonomia, che si basano sull’architettura aperta che oggi vanta ben 18 case di investimento e che consente ai nostri consulenti di offrire ai clienti, nel loro esclusivo interesse, ciò che a loro serve per le proprie specifiche esigenze e per pianificare un futuro sereno. Nei prossimi anni non cambierà il modello di business, ma dovremo aggiornarci sempre di più, visto lo straordinario sviluppo tecnologico che anche il nostro settore sta conoscendo e conoscerà.
Quali sono gli obiettivi che si è dato assumendo la carica di amministratore delegato di Finanza & Futuro?
Conosco bene la realtà di Deutsche Bank, in cui sono entrato più di 15 anni fa, e conosco molto bene Finanza & Futuro, in cui ho lavorato negli ultimi tre anni. Ne conosco quindi le straordinarie potenzialità, pertanto non posso che pormi obiettivi ambiziosi, ma ritengo del tutto sostenibili. Prima di ogni cosa una crescita delle masse, con un target a 20 miliardi, e una crescita del portafoglio medio da 11 a 15 milioni nel giro di 3 anni. Puntando soprattutto sull’allargamento delle competenze da parte dei nostri consulenti. Per questo punto su un piano di formazione molto articolato, direi unico nel mercato, per il quale abbiamo chiesto un supporto a PwC: con assessment iniziale per tutti i collaboratori, composto da una valutazione sulle competenze tecniche, normative, relazionali, fiscali e la proposta di un percorso di sviluppo individuale in funzione del singolo profilo.
Il 2016 è stato un anno complicato per Finanza & Futuro Banca, perché a fronte di una crescita di asset under control e del numero di clienti, le commissioni sono drasticamente calate. A metà del 2017 la tendenza è cambiata?
Non posso nascondere che abbiamo un po’ sofferto per via delle turbolenze di mercato, che hanno interessato una buona parte dei più importanti gruppi finanzari che operano a livello globale, nelle principali piazze del mondo.
Ma abbiamo reagito con energia e oggi – anche a livello globale – il contesto è radicalmente cambiato e possiamo dire di esserci lasciati alle spalle diverse problematiche. L’aumento di capitale, i buoni risultati del primo trimestre 2017 e il positivo andamento del titolo sono solo alcuni dei segnali molto incoraggianti che confermano come il percorso avviato dall’amministratore delegato del gruppo, John Cryan, stia cominciando a dare i suoi frutti e che il trend intrapreso vada nella giusta direzione. Anche i segnali provenienti dal nostro specifico business coincidono con questa tendenza: non è un caso che l’attività di reclutamento, per lo più su profili bancari, abbia toccato livelli qualitativi, oltreché quantitativi, mai raggiunti in precedenza. Segno di un’attrattività del nostro brand che è appunto il migliore segnale di rilancio del brand del gruppo.
Si è parlato molto di una possibile riorganizzazione di Finanza & Futuro con un’incorporazione della sua “legal entity” nella controllante Deutsche Bank SpA. Cosa può dirci al riguardo?
Per una società come la nostra le sinergie sono molto importanti e ormai da diverso tempo stiamo lavorando in questa direzione per cercare di sfruttarle al meglio. Con Deutsche Bank SpA abbiamo già in comune il team che segue i prodotti e molti servizi con la divisione dedicata al wealth management. Il mestiere è lo stesso, l’unica differenziazione è sulla parte contrattualistica: consulente-imprenditore da un lato e dipendente dall’altro. Posso solo anticipare che stiamo lavorando a un nuovo progetto che, ci tengo a precisare, è esclusivamente orientato all’efficientamento societario. Una volta attuato e completato, non solo i nostri consulenti e tutti i professionisti della banca non subiranno alcun ridimensionamento, ma al contrario pur mantenendo la loro indipendenza e quella del business, che come sottolineavo sono un pilastro portante del nostro successo, potranno accedere a ulteriori opportunità. Si tratta in definitiva di un progetto mirato solo a ridurre i costi e ad aumentare le sinergie di gruppo che ci permetterà, a dispetto delle condizioni di mercato, di consolidare il nostro posizionamento da leader con masse in gestione, tanto per capirci, nell’ordine dei 20 miliardi di euro.
L’industria vede sempre di più una integrazione tra “vecchie” reti dei “vecchi” promotori e il private banking, soprattutto con la nascita del big Fideuram ISPB con aum per 200 miliardi. La dimensione è tutto?
È certamente fondamentale avere dimensioni adeguate in questo business. Da questo punto di vista, come dicevo, puntiamo a fare leva proprio sulle dimensioni del gruppo, tra i primissimi attori a livello mondiale, con una presenza in oltre 70 Paesi, cercando di sfruttare e massimizzare gli sforzi del team di ricerca dislocato in tutte le principali piazze finanziarie mondiali.
L’entrata dei bancari nel settore è un dato di fatto. Come impatterà tutto ciò sull’industria in termini di modifica dei profili del ‘business model’? Cosa offre in più Finanza & Futuro Banca ai bancari-portafoglisti di peso?
Potrei risponderle con un elenco e lo stesso farebbero o hanno già fatto i miei concorrenti, ma ci terrei a cogliere la sua domanda per focalizzarmi sull’aspetto prevalente e caratterizzante delle nostra strategia. Come già ho sottolineato, il nostro ‘business model’ punta sul concetto di massima libertà e tutela del cliente che per un grande portafoglista, su cui punta Finanza & Futuro, dovrebbe essere nettamente l’aspetto più importante.
Manca ormai pochissimo all’entrata in vigore della direttiva Mifid 2. Nonostante il tentativo di far credere che tutto resti com’è, l’impatto sull’industria sarà devastante: più trasparenza, meno margini. Come si prepara Finanza & Futuro Banca al 3 gennaio 2018?
Adesso la nostra frontiera è quella di interpretare al meglio lo spirito della Mifid 2, ma siamo pronti da ormai diversi anni, avendo fatto delle scelte in qualche caso anche ‘dolorose’ per quanto riguarda i nostri utili, ma decisamente lungimiranti: nessuna commissione di performance, Ter dei prodotti nettamente più basso tra queli dei nostri principali competitor, massima libertà di selezione prodotti. Tutto questo ci ha consentito di arrivare preparati a questo appuntamento. Considero Mifid 2 una grande opportunità sia per i nostri collaboratori sia per il mercato più in generale, una regolamentazione europea che esalterà il valore dei consulenti finanziari di qualità, il loro ruolo – che non lo dimentichiamo, è anche un ruolo sociale – e consentirà ancora di più ai nostri operatori di stare al fianco dei clienti in un sistema assolutamente controllato e garantito che non mette più al centro la ricerca del rendimento, bensì il controllo del rischio sulla base di quelle che sono le effettive necessità dei clienti, garantendo allo stesso tempo al consulente la possibilità di operare con la massima libertà e indipendenza nella scelta dei prodotti. Tra le altre nuove iniziative che stiamo portando avanti c’è anche un interessante programma di incentivazione, che prevede il riconoscimento di determinati incentivi in relazione alla raccolta netta gestita.
La digitalizzazione dell’industria con i ‘robo advisor’ sta facendo discutere. Negli Stati Uniti la consulenza finanziaria automatizzata è agli inizi ma già presenta buoni tassi di crescita. Accadrà anche da noi sostituendo il consulente ‘fisico’?
Direi assolutamente di no. La consulenza non può che essere fatta da un uomo, da un professionista preparato, che ha studiato e che è in grado di costruire una relazione anche umana con il proprio cliente, con la sua famiglia e con tutto il suo contesto. Un professionista in grado di capire anche i bisogni inespressi dei propri clienti o in grado di aiutarli a metterli in luce e a prevederli. Piuttosto è vero che i robot, e in senso più ampio la tecnologia, non potranno che essere un prezioso aiuto anche per la nostra professione, perché semplificheranno la vita dei consulenti finanziari consentendo loro di guadagnare tempo a favore della relazione umana che, ripeto, rimane centrale, in particolare nel conquistare la fiducia del risparmiatore. Sapere che ci sono esperti in carne e ossa disponibili a risolvere situazioni di emergenza o a consigli suppletivi in caso di necessità è qualcosa a cui nemmeno la clientela più tecnologicamente capace è per il momento – ma io credo ancora per molto tempo – disposta a rinunciare. Il mercato dei robo advisor? È destinato a rispondere alle esigenze di clienti che già oggi agiscono in prima persona, senza il supporto di un consulente. Non intacca il perimetro dei consulenti ed è per questa ragione che non ne temo l’avvento.
Numerosi studi hanno dimostrato che di qui a poco vi sarà un enorme trasferimento di ricchezza dalla generazione dei ‘baby boomers’ a quella dei ‘millennials’. Come si prepara Finanza & Futuro Banca a questa svolta?
Torno al tema delle sinergie, della nostra tipicità, del nostro gruppo e della nostra struttura: la nostra è un’offerta completa, anche sulla parte banking e questo è, se mi passa il termine, il ‘gancio’ per questa tipologia di futuri clienti.
Li seguiremo da subito con prodotti bancari specifici che potranno soddisfare le loro esigenze per accompagnarli poi, nel momento successivo, quando avranno l’esigenza di gestire e seguire il proprio patrimonio.
Dopo il passato scetticismo da parte delle mandanti, il ‘personal branding’ è un elemento sempre più centrale nella ‘value proposition’ del consulente finanziario? Qual è la specificità di Finanza & Futuro Banca al riguardo?
Si, per noi lo è. È uno degli aspetti che maggiormente ci viene riconosciuto come distintivo dai consulenti finanziari che sono recentemente entrati a far parte della nostra rete. Noi siamo stati tra i primi ad aver creduto in questa strategia, pensando che fossero di più le opportunità che i rischi. Non è un caso che la metà dei nostri consulenti abbia un proprio sito internet, gestito in coabitazione con la società. È fondamentale far leva su questo canale per acquisire nuova clientela e gestire le informazioni con la vecchia clientela. Tutte queste sono sfide di un mondo che sta cambiando radicalmente e velocemente. Stiamo cercando di interpretare questo cambiamento con l’intento di cavalcarlo, sempre con il principio che i muri servono a poco: l’onda del cambiamento travolge in breve tempo qualsiasi cosa. L’approccio migliore è quello di interpretarlo correttamente e sapersi attrezzare adeguatamente per poterlo sfruttare positivamente.