Investimenti, ecco come trarre il massimo dal proprio consulente finanziario

QUADRO ESAURIENTE E TARGET PRECISI – Come approfittare al meglio del nostro private banker o consulente finanziario, senza al contempo avere la sensazione di perdere il controllo sulle scelte di investimento? Fornendogli un quadro esauriente della propria situazione e obiettivi chiari. Parola di Silvia Barettini, ex director in Banca Esperia a Milano e membro della Professional Womens’ Association, che riunisce donne professioniste e manager per aiutarle nella loro crescita professionale.

POCHE CERTEZZE
– “Il contesto in cui viviamo e lavoriamo è profondamente mutato in un lasso di tempo molto breve: non esistono più certezze rispetto alla stabilità del lavoro e degli introiti, né della pensione; non esiste più un investimento privo di rischio, né ci sono rendimenti sicuri ed allettanti quali potevano essere fino a pochi anni fa quelli obbligazionari”, ha osservato Barettini, secondo cui in questo scenario diventa “imprescindibile condividere la gestione del proprio patrimonio con professionisti del mestiere”.

UN PROCESSO DI CONSULENZA STRUTTURATO – Ma come trarre il massimo vantaggio da questa collaborazione? “Dobbiamo intendere la consulenza finanziaria come uno strumento che ci permetta di acquisire consapevolezza circa nostro cash flow attuale e prospettico, di individuare il tenore di vita minimo che riteniamo tollerabile e su questa base di delineare i nostri progetti di vita e riconoscere e contenere i rischi che li possono sabotare”, ha spiegato ancora Barettini. “Per approfittare al meglio degli strumenti di cui oggi un banker dispone, chiediamogli di impostare un processo di consulenza strutturato: offriamo una chiara panoramica dell’organizzazione del patrimonio famigliare, con i suoi obiettivi e le sue criticità; definiamo insieme un assetto target dello stesso e un piano di azione suddiviso per progetti; presidiamo all’implementazione operativa”. Si tratta di passaggi pratici, che fanno parte del quotidiano di ciascuno: è meglio invece “lasciare ai professionisti gli aspetti tecnici ai professionisti, cercando di fornir loro un quadro il più possibile completo e un chiaro indirizzo sugli obiettivi, per permettergli di intercettare la nostra unicità ed irrepetibilità”.

UN APPROCCIO MENTALE NUOVO – Spesso, sottolinea Barettini, si tende a identificare la struttura del proprio portafoglio finanziario in base agli strumenti finanziari dai quali è composto: in questo modo però, rischia di non esser chiaramente finalizzato a supportare esigenze specifiche, diventando invece il risultato di una stratificazione di prodotti, frutto di gestioni diversificate. “Adottiamo noi stessi, e imponiamo al nostro banker, una struttura mentale diversa: quali sono i progetti che il patrimonio deve sostenere? Le variabili sono più o meno simili per tutti, ma ciascuno potrà assegnarvi una differente priorità, a seconda della fase della vita e delle proprie esigenze personali:
-    redditività finalizzata al mantenimento del tenore di vita per integrare una diminuzione degli introiti/una crescita degli esborsi
-    redditività orientata al sostegno dei famigliari (figli/genitori)
-    mantenimento del patrimonio a scopo successorio
-    finanziamento progetti specifici
-    etc.
L’investimento in strumenti finanziari è l’ultimo tassello della consulenza, con indicazione del prodotto più adatto – in ottica di profilo temporale e di rischio – per sostenere il singolo progetto”.

UN PATRIMONIO GESTITO PER PROGETTI – L’obiettivo insomma, conclude l’esperta, “è quello di passare da un patrimonio gestito per prodotti – che è più immediato nella costruzione, ma manca di scopo – ad uno gestito per progetti, che risponde maggiormente alle esigenze del cliente perché permette di efficientare i suoi investimenti, senza al contempo nulla togliere alla ancora maggiormente giustificata redditività della consulenza del banker”.

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