I consulenti italiani dovrebbero investire anche nell’etica

IL CASO – Andrea è un operatore finanziario della BankSIM. Incontra i Rossi, suoi clienti, per una consulenza pensionistica su come investire 155.000, di cui 110.000 già allocati in un fondo pensione e 45.000 in un conto corrente. Il manager di Andrea gli ha chiesto di trasferire il fondo pensione in un altro all’interno della nuova piattaforma. Andrea potrebbe consigliare di trasferire tutte le risorse nel nuovo fondo della piattaforma. Inoltre Andrea potrebbe compilare il questionario Mifid per dimostrare che l’operazione è adeguata al profilo di rischio nonché agli obiettivi, anche se non ha tutti i requisiti richiesti e le commissioni di uscita siano significative. Andrea è incerto se consigliare di investire tutto nel nuovo fondo della piattaforma o di raccomandare di investire solo i 45.000 nell’attuale fondo pensione o in altri investimenti.

DILEMMA ETICO – Cosa dovrebbe fare Andrea? Questo caso è una esemplificazione di un “dilemma etico” e consente di riflettere sulla coincidenza, o meno, del rispetto delle norme con un comportamento etico-professionale. Inoltre può evidenziare il grado di maturità del ragionamento morale di Andrea che non dipende necessariamente dalla decisione bensì dalle sue motivazioni. Infatti secondo qualificate teorie dello sviluppo morale il comportamento deontologicamente corretto potrebbe essere basato su motivazioni correlate ad uno stadio di maturazione etica “basso” e viceversa. Su tali temi gli intermediari e le associazioni professionali dei consulenti internazionali investono molto, in ricerca e in training etici. In Italia, no. Forse perché non ne abbiamo bisogno? O forse perché non comprendiamo la necessità per lo sviluppo virtuoso del settore? In ogni caso, senza adeguate competenze morali, la professione del consulente rimane sostanzialmente incompiuta.

Gaetano Megale è presidente di Progetica

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