Intesa Sanpaolo fa il restyling alle filiali

NUOVO MODELLO – Un nuovo modello di filiale (nella foto a destra), basato su un ripensamento radicale degli spazi e dell’offerta di servizi all’insegna del concetto della condivisione di idee ed esperienze: è quello lanciato da Intesa Sanpaolo, a partire dalla storica agenzia di Corso Peschiera a Torino, la prima delle oltre 100 filiali su tutto il territorio nazionale che saranno completamente rinnovate entro il 2016. “Ripartiamo da Torino per riposizionare la relazione con la clientela “, ha spiegato Vittorio Meloni, direttore delle relazioni esterne della banca. “Siamo in grado di proporre una nuova customer experience, che sfrutta tutti gli strumenti di transazione e relazione, fisici e digitali”. Con il restyling, sulla base del manifesto “Sharing ideas”, le filiali perdono infatti la classica connotazione di “sportello” per diventare sempre più un luogo familiare, accogliente, adatto al dialogo, alla comunicazione e al lavoro. Nella sede di Corso Peschiera, che occupa in tutto 46 persone in un ambiente di circa 1650 metri quadri, grazie al restyling è stato possibile recuperare il 20% della superficie totale, uno spazio che ora può essere destinato a nuove attività e servizi per i clienti. Nell’agenzia, circa 250 metri quadri sono riservati alla filiale di Intesa Sanpaolo Private Banking e sono presenti pure otto salotti che assicurano a clienti e gestori la massima privacy durante gli incontri dedicati alla consulenza.

SINERGIA CON I CANALI DIGITALI – Il progetto di restyling delle filiali va di pari passo con l’evoluzione dei canali digitali. “Si va sempre più verso il digitale, ma la relazione è importante. Per questo abbiamo pensato di rivedere la fisicità delle filiali, il luogo in cui avviene l’interazione,e di trasportarli verso il digitale. Un ambiente umanizzato ma allo stesso tempo fortemente digitalizzato”, ha spiegato Stefano Barrese, responsabile della divisione Banca dei territori di Intesa Sanpaolo. La banca ha oltre 4 milioni di clienti che operano in multicanalità e nel 2015 il volume delle transazioni sui canali diretti è cresciuto del 42%.

BANCA VUOL DIRE FIDUCIA – “La banca del futuro non è quella che si fa con il cellulare in mano. La banca è e rimarrà il luogo in cui si crea e si scambia fiducia, e per farlo occorre guardarsi negli occhi”, ha dichiarato Carlo Messina, consigliere delegato e ceo di IntesaSanpaolo (nella foto a sinistra). “I rapporti fiduciari sono alla base del fare banca: alla banca si affidano decisioni sui risparmi, sulla casa, sul futuro. Il mondo del futuro non sarà solo digitale, ma sarà basato sui luoghi in cui si possono scambiare informazioni guardandosi negli occhi”. Per Messina “la fiducia è il presupposto di chi fa banca. La fiducia si fonda sulla reputazione, sia per chi lavora in filiale che per chi ha responsabilità di vertice. La nostra banca punta molto sul wealth management: oggi siamo il più grande wealth manager in Italia e siamo secondi solo a BlackRock in Europa, e in questo segmento la fiducia è fondamentale per attrarre clienti”.

IL 20% DEL FONDO ATLANTE – A margine della presentazione, Messina ha rilasciato anche qualche dichiarazione sul fondo Atlante “Intesa Sanpaolo è pronta a partecipare al fondo con un ammontare pari al massimo al 20% del valore del veicolo. Tanto più sarà ampia la dimensione di Atlante, tante più sofferenze potranno essere smobilizzate”, ha detto ancora Messina, secondo cui il fondo è nato per rispondere ad alcune precise esigenze del sistema. “Si tratta di un’operazione di mercato, perché le operazioni che risolvono i problemi lo sono per definizione”, ha dichiarato il n.1 di IntesaSanpaolo, secondo cui “ci sono condizioni oggettive che impongono di intervenire. Poiché noi siamo il più grande gestore del risparmio nel Paese, se il risparmio è in difficoltà è un problema anche per noi. Oggi le principali difficoltà del sistema sono legate alle due banche (Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ndr) che devono fare l’aumento di capitale perché altrimenti non possono operare, trovandosi al di sotto dei limiti regolamentari. Il secondo problema è quello delle sofferenze, che è diventato una specie di ossessione per gli investitori internazionali. C’è poi un terzo elemento, e cioè che nel nostro Paese per recuperare un credito in sofferenza, che si crea quando la banca fa il suo mestiere, e cioè eroga credito anche in un periodo di crisi, i tempi sono scandalosi. Sette anni è un periodo di tempo inaccettabile: è necessario portarlo a 3”. Così, ha spiegato Messina, “la combinazione di questi tre elementi ha portato all’introduzione di una soluzione privatistica per affrontarli, che dovrà essere affiancata da un decreto del governo per accelerare i tempi di recupero dei crediti in sofferenza”. “Il fondo Atlante”, ha aggiunto, “permetterà di affrontare il problema degli aumenti di capitale, rilevando la parte che non verrà collocata sul mercato”, e potrà anche rilevare parte dei crediti in sofferenza. “Molti quotidiani internazionali si stanno concentrando sulle dimensioni del fondo: le dimensioni giuste sono quelle che consentono di smobilizzare le sofferenze, valutandole al valore di carico per le banche. Intesa Sanpaolo partecipa a questa operazione perché ritiene che ci sia valore nello stabilizzare il risparmio dell’Italia: è nel nostro interesse. Se il consiglio di gestione e il consiglio di sorveglianza approveranno la nostra partecipazione al fondo, potremo dismettere anche le nostre sofferenze al valore di carico”.

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