Se l’ex-postino vende fondi

Il signor Paolo (il nome è di fantasia) ha poco più di 30 anni, una laurea in economia e commercio, e oggi guadagna meno di 1.300 euro netti al mese, più un bonus di fine anno che in genere non supera i mille euro. Lavora alle Poste, Paolo, e fa un mestiere che forse molti italiani ancora non conoscono: lo specialista consulente finanziario, cioè quell’impiegato che, negli uffici postali, vende ai clienti tutti i prodotti d’investimento che oggi ruotano attorno alla galassia di Poste Italiane, dai fondi comuni alle polizze sulla vita, dai buoni fruttiferi ai fondi della previdenza integrativa. Un po’ meglio di Paolo se la passa il signor Marco (anche in questo caso il nome è di fantasia), che ha qualche anno di esperienza in più, è consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede ed è regolarmente iscritto all’Albo professionale dell’Ocf. Pure lui lavora alle Poste e guadagna più o meno 1.500 euro netti al mese, una cifra che poi viene arrotondata a fine anno da un bonus una tantum, quasi sempre non superiore a 2mila euro. Marco e Paolo, contattati da BLUERATING attraverso la mediazione di alcune organizzazioni sindacali del settore postale, hanno accettato di parlare della loro professione. Hanno voluto cioè raccontare il lavoro che svolgono quotidianamente, in cambio della promessa di tenere riservata la loro identità.

INCHIESTA SUL CAMPO –  Ed è proprio dal racconto di questi due consulenti che parte l’inchiesta condotta sul campo da BLUERATING per conoscere meglio dall’interno l’universo delle Poste, ormai trasformatesi in un colosso del settore finanziario e assicurativo, che amministra centinaia di miliardi di risparmi degli italiani. Senza dubbio, il business della gestione del risparmio è al centro delle strategie di sviluppo della società, come testimoniano anche gli obiettivi del piano industriale elaborato dal management, sotto la guida dall’amministratore delegato Francesco Caio. Peccato, però, che nell’esercito di consulenti finanziari di Poste Italiane ci sia da tempo un po’ di maretta e non tutto funzioni proprio alla perfezione. Questo, almeno, è quanto sostengono diverse organizzazioni sindacali che, nei mesi scorsi, non hanno risparmiato bordate a Caio e ai suoi collaboratori, proprio per le strategie seguite nella vendita dei prodotti d’investimento. “Oggi più che mai raccomandiamo ai nostri colleghi il rispetto degli obblighi di correttezza e trasparenza nella proposizione dei prodotti”, recita un comunicato sindacale firmato nel maggio scorso dai segretari regionali della Lombardia di ben 5 organizzazioni dei lavoratori, le più importanti all’interno della categoria dei dipendenti postali: Slp-Cisl, Slc-Cgil, Confsal, Fai-Cisal e UglCom. Il motivo che ha spinto le 5 sigle dei lavoratori a lanciare questo appello è la decisione dell’azienda guidata da Caio di puntare sulla vendita di una polizza unit linked ad alto contenuto finanziario, cioè con rendimenti che dipendono dalle performance di alcuni fondi d’investimento e dunque dall’andamento dei mercati. Roba da maneggiare con cura, insomma, ma che ai consulenti delle Poste sono state presentate in maniera diversa dalle loro direzioni commerciali territoriali. “Siamo venuti a conoscenza di aule di formazione per i dipendenti in cui il nuovo prodotto è stato illustrato come degno sostituto delle tradizionali polizze vita a capitale garantito”, continua ancora lo stesso comunicato sindacale, che mette dunque in guardia da un rischio: quello di vedere molti consulenti postali, magari in assoluta buona fede, piazzare nelle tasche dei clienti prodotti finanziari non adatti al loro profilo di rischio.

CRITICHE ALLA FORMAZIONE – “La vendita di certi prodotti come le polizze unit linked richiede sempre un’adeguata attività di formazione per il personale”, dice a BLUERATING Pierluigi Daccò, della segreteria della Slc Cgil Lombardia, “e non bisogna mai abbassare la guardia su questo fronte”. Difficile dargli torto, anche se viene subito da porsi un interrogativo: è mai possibile che uno specialista consulente finanziario delle Poste abbia addirittura difficoltà a capire quale differenza passa tra una polizza unit linked legata ai mercati finanziari e una polizza vita più tradizionale (del ramo I), con garanzia di restituzione del capitale? “E’ possibile eccome”, dice il consulente Paolo, che mette in evidenza diversi punti deboli nel nutrito esercito di dipendenti delle Poste addetti alla vendita di prodotti finanziari. Si tratta di una schiera di ben 7mila persone, tra cui i laureati in materie economiche sono merce rara, come confermano anche i dati forniti a BLUERATING dallo stesso Gruppo Poste Italiane (si veda l’articolo di Marco Muffato in questo sito web). Per non parlare poi dei consulenti finanziari regolarmente iscritti all’Albo come il signor Marco che, in alcune aree geografiche, nella rete delle Poste si contano davvero sulle dita di una mano. “Basti pensare”, dice ancora Paolo, “che io lavoro assieme a un altro collega consulente che, fino a un paio di anni fa, faceva il postino”.

DA POSTINO AD ADVISOR, IL PASSO E’ BREVE – Altro che laureati in economia o professionisti iscritti all’albo pronti a vendere fondi e polizze anche fuori sede. Per adesso, a sentire Marco e Paolo e anche alcuni esponenti sindacali, a vedere i prodotti d’investimento delle Poste ci sono ancora molti ex-portalettere. Nulla di scandaloso, ovviamente, se si trattasse di dipendenti che hanno avuto un adeguato percorso di carriera e di formazione. Il guaio è che il sistema di formazione messo in piedi dalla società, almeno per quel che riguarda i consulenti finanziari, per i sindacati è ben diverso rispetto all’immagine edulcorata che emerge dai proclami fatti dalla società. Così la pensa per esempio Giuseppe Marinaccio, segretario regionale della Slp Cisl della Lombardia: “il management del Gruppo Poste Italiane, a cominciare dall’amministratore delegato Francesco Caio, a parole dichiara di voler puntare con decisione sulle figure professionali dei consulenti finanziari”, dice Marinaccio, “ma la realtà dei fatti è molto diversa da queste narrazioni”. Il segretario regionale della Slp Cisl racconta per esempio di malumori tra i consulenti per la scarsa dotazione di mezzi informatici assegnati loro dall’azienda, della fornitura di strumenti indubbiamente inadeguati se messi a confronto con quelli a disposizione dei dipendenti bancari o delle grandi reti di consulenti che lavorano su mandato delle società di gestione del risparmio. Ma le maggiori criticità, nell’offerta delle Poste, si trovano sul fronte dell’offerta di prodotti finanziari fuori sede “che”, dice il consulente Marco, “nelle nostre strutture ha avuto di fatto quasi uno stop completo, proprio perché non avevamo i mezzi sufficienti per attuarla”. Anche Marco lamenta le scarse dotazioni tecnologiche fornitegli dalla società, per esempio la mancanza di un sistema che consenta di utilizzare la firma digitale per perfezionare a distanza i contratti stipulati con i clienti, anche senza recarsi fisicamente negli uffici postali. A confermare quanto dice il consulente contattato da BLUERATING è anche la Slp Cisl della Sicilia, che si unisce a quella della Lombardia nel denunciare la condizione non proprio idilliaca dei consulenti finanziari che lavorano per Poste. “Benché l’idea di arruolare professionisti abilitati all’offerta fuori sede sia di per sé una buona intuizione commerciale”, recita un comunicato redatto nei mesi scorsi dalla Slp Cisl Sicilia e firmato dal segretario regionale Giuseppe Lanzafame, “i consulenti assunti non hanno in realtà i mezzi per portare davvero fuori sede quell’offerta, devono inventarsi accomodamenti vari e hanno a disposizione computer portatili che, troppo spesso, non riescono a garantire neppure l’operatività ordinaria per completare le proposte commerciali”. Da Milano a Palermo, insomma, la musica non cambia.

GLI EPISODI DI RISPARMIO TRADITO – “Sono anni che Poste Italiane parla di voler creare al proprio interno una fitta rete di promotori finanziari iscritti all’Albo, oggi ribattezzati consulenti abilitati all’offerta fuori sede”, dice Giuseppe D’Orta, responsabile nazionale per la tutela del risparmio dell’associazione dei consumatori Aduc, “ma, per adesso, è evidente che questi piani ambiziosi sono rimasti in gran parte sulla carta”. D’Orta ricorda piuttosto che Poste Italiane ha avuto invece in passato non poche frizioni con la clientela. Si tratta però di vicende che, va detto, risalgono alle precedenti gestioni del gruppo, quando era guidato da Corrado Passera e poi da Massimo Sarmi. Il riferimento di D’Orta è agli episodi di risparmio tradito legati alla vendita di fondi immobiliari a prezzi gonfiati o al collocamento presso i piccoli risparmiatori di arzigogolate polizze e obbligazioni index linked con rendimento legato ai mercati finanziari, tra cui ve ne erano alcune strutturate anche dalla banca d’affari Lehman Brothers, finita nel crack nel 2008 e artefice della più grave crisi finanziaria del dopoguerra. Senza dimenticare, in anni più recenti, la tirata d’orecchi arrivata dalla Consob, che ha multato le Poste per alcune vicende avvenute tra il 2011 e il 2014, in particolare per non aver aver steso un corretto profilo di rischio dei clienti secondo le norme della direttiva Mifid, riuscendo così a vendere a molti risparmiatori dei prodotti finanziari non in linea con le loro esigenze.

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