Consulenti, la “segnalazione” della banca conta più delle competenze

Con quale criterio i clienti scelgono il proprio consulente finanziario? È una delle domande alle quali risponde la rilevazione Consob, GfK, Ocf e Roma Tre intitolata “La relazione consulente-cliente” e curata da Massimo Caratelli, professore associato di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università Roma Tre. Il rapporto, insieme a quello sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2017, viene presentato oggi a Roma nell’ambito di un seminario Consob organizzato nel contesto della Settimana mondiale dell’investitore.

Tenetevi forte: per il 27% degli interpellati, il fattore di selezione è il “consiglio della propria banca/compagnia di assicurazione/sim/sgr”. Non un dato secondario, se si considera che dal punto di vista dei clienti questo fattore è al secondo posto dopo la fiducia (28%) e ben prima delle certificazioni e delle competenze (15%). Interessante vedere quanto poco i consulenti abbiano percezione di questo: secondo i professionisti, infatti, solamente il 2% dei clienti sceglie loro invece di qualcun altro su “consiglio della propria banca/compagnia di assicurazione/sim/sgr”. In generale, soprattutto sul tema della retribuzione del proprio cf, emerge ancora una scarsa consapevolezza. E i robo-advisor? Questi sconosciuti: il 91% dei clienti sostiene di non sapere cosa siano.

Sfoglia le slide del rapporto “La relazione consulente‐cliente”.
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E cosa guida le scelte di investimento delle famiglie italiane? A questa domanda risponde invece il nuovo Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2017, presentato da Nadia Linciano, responsabile dell’Ufficio Studi Economici della Consob. In Italia, più della metà degli investitori decide dove allocare i propri soldi dopo essersi consultato con i familiari, con gli amici o con i colleghi di lavoro. Soltanto un quarto sceglie dopo aver sentito un consulente finanziario, oppure delega la gestione dei suoi risparmi a un intermediario, mentre i restanti agiscono in autonomia.

Alla fine del 2016 il 45% degli intervistati detiene uno o più strumenti finanziari, essendo fondi comuni, obbligazioni bancarie italiane, azioni quotate e titoli di Stato domestici i prodotti più diffusi. L’ansia connessa alla gestione delle finanze personali parrebbe scoraggiare l’investimento “fai-da-te”, mentre l’interesse per le materie finanziarie mostra una correlazione positiva con la tendenza ad affidarsi alla consulenza sia informale sia professionale.

Sfoglia le slide del Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2017.
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