Consulenti, Mainò (Nafop): il regolamento Consob? Tutto da riscrivere

“Il testo in consultazione è un complesso reticolato normativo che pecca in più punti per mancanza di chiarezza e di coordinamento a causa di un impianto sistematico poco organico. La dilatazione degli articoli, che si stratificano su un corpo di norme già consolidato, spesso genera caos in un sistema già di per sé complesso e purtroppo oggetto di un inquadramento giuridico sbagliato dei consulenti indipendenti, delle scf e della stessa attività professionale”. Con queste parole Luca Mainò (nella foto), portavoce del consiglio direttivo Nafop, sintetizza le circa 120 pagine di osservazioni che l’associazione ha inviato alla Consob nell’ambito della consultazione sulle modifiche al Libro VIII del Regolamento Intermediari. “Nafop manifesta ampia disponibilità a collaborare con l’autorità”, continua Mainò, “ma sollecita una nuova consultazione su un testo rivisto e sfoltito“.

Cosa non vi ha convinto del testo in consultazione?
Innanzitutto, la disciplina dei consulenti indipendenti e delle scf trae origine da Mifid 1, sulla cui base in Italia si è codificato uno statuto speciale per consulenti finanziari indipendenti e società di consulenza finanziaria rispetto a quello degli intermediari, incentrato su requisiti imprescindibili e sulla modalità di prestazione della consulenza senza detenzione “di fondi o titoli appartenenti ai clienti”. Tale normativa è imperniata sull’indipendenza soggettiva e oggettiva, la cui violazione prevede la radiazione dall’Albo, ma leggendo il testo in consultazione pare che questo sia sfuggito al regolatore.

In merito al requisito di indipendenza soggettiva, secondo voi cosa è sfuggito alla Consob?
Consulenti indipendenti e scf formulano raccomandazioni personalizzate al cliente che le potrà eventualmente concretizzare presso l’intermediario prescelto. Quindi i consulenti non entrano in alcun modo in contatto e non intrattengono rapporti di alcuna natura con gli intermediari finanziari. Come già più volte sottolineato, i consulenti sono professionisti intellettuali. Non sono intermediari, né agiscono in qualità di intermediari: non intermediano e soprattutto non raccomandano servizi di investimento, come invece pare evincersi dalle disposizioni in consultazione, frutto chiaramente di una “svista” che andrebbe a regolamentare una realtà professionale inesistente sul mercato e lontana da quella disciplinata dal nostro Paese negli ultimi 10 anni.

Quindi?
La protezione dei clienti è stata sempre la finalità che ha improntato la disciplina attuale ma dalla bozza Consob sembra emergere una regolamentazione che è un passo indietro rispetto a quella attuale, segnando una diminuzione del livello di tutela del cliente. Lo standard più basso discende dall’omologazione del modello di consulenza indipendente già normata nel nostro ordinamento alla consulenza “su base” indipendente (Mifid 2), con conseguente copia-incolla delle disposizioni previste. Ma il modello italiano della consulenza fee only, operativo già dal 2007, non soffre i condizionamenti della consulenza “su base” indipendente, derivanti dal fatto di essere prestata da una banca o dai suoi agenti collegati. Il legislatore europeo parla infatti di indipendenza del servizio, non del soggetto, a differenza del sistema nazionale in cui invece l’indipendenza soggettiva permette al cliente di qualificare esattamente il professionista che ha di fronte e soprattutto sapere da chi è remunerato.

E sul tema dei “requisiti almeno analoghi”?
Su questo tema, il legislatore europeo non ha ovviamente chiesto agli Stati membri di introdurre requisiti identici a quelli previsti per gli intermediari e le banche. Il consulente non conosce ex ante la banca alla quale il cliente si rivolgerà, ma ne viene eventualmente a conoscenza solo ex post tramite il cliente stesso. Incredibilmente, secondo la bozza, gli indipendenti dovrebbero fornire al cliente una serie di informazioni che addirittura non conoscono, senza alcun beneficio per i clienti che ricevono comunque quelle stesse informazioni dalla banca. Infatti, molti obblighi informativi – per esempio, sui costi – dovranno comunque essere assolti dall’intermediario nel momento in cui il cliente, ricevuta la raccomandazione dal consulente, la realizzerà presso l’intermediario stesso. L’investitore sarebbe sommerso da un eccesso di informazioni che potrebbero fuorviare e confondere, piuttosto che favorire, l’assunzione consapevole di decisioni di investimento. Uno sfoltimento degli obblighi in tal senso risponderebbe, pur nel rispetto della tutela dell’investitore, all’esigenza di semplificazione normativa e di better regulation, sempre invocata dalle istituzioni europee.

Come valutate, infine, il punto sui requisiti di rappresentatività delle associazioni professionali?
Leggiamo che la compartecipazione all’Organismo “non può essere consentita ad associazioni alle quali partecipano soggetti portatori di interessi diversi che non siano esclusivamente quelli della categoria”. Ci teniamo a precisare che gli interessi di cui sono portatori i consulenti finanziari indipendenti coincidono esattamente con quelli delle società di consulenza, che si differenziano esclusivamente per la forma giuridica prescelta per la prestazione del servizio (societaria o individuale) e Nafop è un esempio in tal senso da oltre 12 anni. Sarebbe quindi inconcepibile l’obbligo per un’associazione a dover rappresentare solo le persone fisiche o solo quelle giuridiche. Inoltre, ai sensi del decreto 66/2012, chi presta consulenza per una società deve essere iscritto nella sezione dei consulenti autonomi. È assurda l’ipotesi di una società che sia iscritta a un’associazione, mentre i consulenti che operano per suo conto siano iscritti a un’altra differente associazione.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!