Mifid 2, extra entrate per 3,5 miliardi

IMPATTO POSITIVO – Un impatto positivo da 3,5 miliardi di euro in cinque anni: è quello che Mifid 2 potrebbe avere sull’intera filiera del risparmio gestito italiano. Lo rivela uno studio curato da Excellence Consulting, riportato da Il Sole 24 ore. Si tratta, scrive il quotidiano finanziario, di un esito sotto certi aspetti inatteso, che scaturisce però dall’analisi di ciascuno dei fenomeni, positivi o negativi, indotti dalla direttiva e che si basa soprattutto sull’applicazione al caso italiano di risultati legati a esperienze simili che si sono verificate in Paesi limitrofi, a partire dalla normativa Retail Distribution Review (Rdr) che ha interessato la Gran Bretagna. “Sul fronte dei costi di adeguamentola Rdr ha ridotto del 10-12% gli utili netti dell’industria del risparmio britannica: se proiettata sul mercato italiano, questa percentuale determinerebbe un saldo negativo compreso fra 680 e 780 milioni”, nota Maurizio Primanni, ad di Excellence Consulting. Ancora più dolorose sarebbero le conseguenze determinate dal giro di vite sulla trasparenza dei prezzi e dalla crescente concorrenza delle piattaforme digitali. L’esperienza in questo caso insegna che un aumento della prima si traduce in genere in una contrazione dei prezzi dei prodotti di investimento perché il cliente utilizza le maggiori informazioni a disposizione per effettuare arbitraggi più frequenti e approfonditi, un fenomeno che lo sviluppo delle piattaforme di robo-advisory potrebbe a sua volta amplificare. “A fronte di normative simili a Mifid2 – sottolinea Primanni – nei Paesi Bassi il prezzo medio dei prodotti di investimento è sceso tra il 2013 e il 2016 del 35%, mentre in Gran Bretagna la riduzione è stata pari al 15%: ipotizzando anche un calo dal 10 al 15% sul prezzo medio attuale degli strumenti distribuiti in Italia l’effetto negativo potrebbe valere da 2,7 a 4,2 miliardi all’anno per il nostro sistema del risparmio”.

I RICAVI POTENZIALI – Il discorso si fa ovviamente più interessante sul versante dei ricavi potenziali. Il recupero avviene in primo luogo attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti: il fenomeno dei Pir, sotto questo aspetto, rappresenta un buon esempio destinato a proseguire, ma non è certo l’unico. La spinta maggiore potrebbe infatti arrivare da una nuova generazione di prodotti alternativi (hedge fund, private equity, real estate, infrastructure) che finora in Italia sono stati distribuiti marginalmente solo agli istituzionali e che potrebbero trovare spazio anche fra i clienti private e fra quelli con patrimoni elevati. “Se l’Italia allineasse la loro diffusione ai mercati asiatici e agli Usa si potrebbero generare per il sistema fra i 400 e i 600 milioni di maggiori ricavi”, garantisce Primanni. La sfida si fa più ancora importante sul terreno della consulenza finanziaria a pagamento, un fenomeno destinato necessariamente a crescere negli anni a venire anche per conseguenza indiretta delle norme introdotte dalla stessa Mifid 2. “Proiettando i risultati ottenuti da alcuni operatori italiani pionieri nell’offerta di una consulenza dai contenuti di servizi rafforzati e di qualità superiore al livello minimale richiesto dalla direttiva – conferma Primanni – si potrebbero ottenere ricavi che su un orizzonte di almeno 5 anni abbiamo stimato ammontare a circa 4,5-5 miliardi l’anno”.

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