Mifid 2 e consulenza, l’adeguatezza alle prese con gli switch

Il popolo dei professionisti della finanza sta iniziando a “masticare” le nuove procedure imposte dal recepimento in Italia di Mifid 2. Uno dei temi più ostici è quello dell’adeguatezza, dato che non sono state fissati dei documenti standard generici, ma il legislatore si è limitato a indicare i paletti normativi all’interno dei quali gli intermediare dovranno provvedere alla verifica della stessa in riferimento agli investimenti proposti alla clientela.

Sappiamo bene che l’adeguatezza non può prescindere dalla conoscenza del cliente, intesa come l’attività dell’intemerdiario volta a ottenere informazioni riguardanti le nozioni, le esperienze, la situazione finanziaria e gli obiettivi di investimento della controparte. Tradotto tutto ciò significa che:
– L’operazione deve corrispondere agli obiettivi di investimento del cliente, inclusa la sua tolleranza al rischio
– Il cliente deve essere finanziariamente in grado di sopportare i rischi/perdite connessi all’investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento (le informazioni includono, laddove pertinenti, dati sulla fonte e sulla consistenza del reddito regolare, le attività, comprese le attività liquide, gli investimenti e beni immobili e gli impegni finanziari regolari).
– L’operazione è di natura tale per cui il cliente possiede le necessarie esperienze e conoscenze per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio (sono inclusi i seguenti elementi: i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza; la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale sono state eseguite e infine il livello di istruzione e la professione o, se pertinente, l’ex professione del cliente o del potenziale cliente).

Queste valutazioni assumono un ulteriore valore se legate al concetto di frequenza; gli intermediari che svolgono una valutazione periodica dell’adeguatezza riesaminano almeno una volta all’anno l’adeguatezza delle raccomandazioni fornite. Una frequenza che cresce con l’avanzare del profilo di rischio del cliente e del tipo di strumenti finanziari raccomandati.

C’è però un elemento che fa parte della potenziale attività periodica dei consulenti finanziari, ovvero gli switch relativi ai portafogli sotto consulenza, nel dettaglio la vendita di uno strumento e l’acquisto di un altro, ovvero l’esercizio del diritto di apportare una modifica a uno strumento esistente. Questa attività come si relaziona con tutti i precedenti elementi?

La premessa normativa è quella dell’art. 54 (9) del Regolamento delegato UE 2017/564: gli intermediari devono dotarsi di appropriate politiche e procedure per essere in grado di valutare, tenendo conto dei costi e della complessità, se servizi di investimento o strumenti finanziari equivalenti possano corrispondere al profilo del cliente.

Ciò significa, che per ogni switch l’intermediario dovrà dimostrare che i benefici potenziali del cambiamento siano superiori ai relativi costi. Facile a dirsi e, speriamo, non difficile a farsi.

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