Mifid 2, perché i consulenti finanziari possono guadagnare di più

Mifid 2 è tra noi e l’industria del risparmio gestito si interroga sul ruolo dei consulenti finanziari, la trasparenza sui costi e la product governance, come testimonia una recente indagine svolta da Mc Kinsey in collaborazione con Anasf, da cui è emerso tra l’altro come lo scorso anno sia salita di 5 punti percentuali (al 28%) la percentuale di ricchezza di clienti affluent affidata ai consulenti finanziari italiani.

GLI ESEMPI ALL’ESTERO – Ma quanto inciderà Mifid 2 sulla consulenza finanziaria in termini di ricavi? Secondo una ricerca di Excellence Consulting a medio termine lo sviluppo di nuovi prodotti e la crescita dei servizi di consulenza potrebbero creare ricavi addizionali per 4,5-5 miliardi di euro l’anno. L’esempio viene da paesi come Gran Bretagna o Paesi Bassi che hanno adottato da tempo norme simili a Mifid 2 registrando sì un calo del prezzo medio dei prodotti (del 15% nel Regno Unito, del 25% nei Paesi Bassi, tra il 2013 e il 2016), ma anche lo sviluppo di nuovi servizi evoluti nell’ottica dell’ottimizzazione della gestione dei patrimoni.

RIORIENTARE I MODELLI – In particolare, dato che a fine 2016 ancora un terzo circa del patrimonio dei risparmiatori italiani giaceva inutilizzato su conti correnti e di deposito, mentre le attività immobiliari sono stimate valere 5.800 miliardi di euro (di cui 2mila miliardi costituite non da prime case), secondo lo studio di Excellence Consulting l’attività di consulenza potrebbe generare ricavi tra 1,5 e 2 miliardi nel primo caso, tra 800 milioni e un miliardo nel secondo per complessivi 2,3-3 miliardi di ricavi aggiuntivi che si sommerebbero ai nuovi ricavi collegabili a Mifid 2, arrivando a un totale di 7-8 miliardi di maggiori ricavi all’anno nell’arco del prossimo quinquennio. Facendo due calcoli, se i prezzi non caleranno più del 15%-20% (con un impatto negativo di 4,2-5,6 miliardi) mentre la crescita delle attività di consulenza (e dei relativi ricavi) procederà come previsto,
il saldo netto nel nuovo scenario potrebbe essere positivo, tra 2 e
2,5 miliardi l’anno. Solo chi saprà riorientare il proprio modello
di business riuscirà tuttavia a concretizzare questi benefici potenziali non a caso reti come FinecoBank hanno da tempo inaugurato contest qualitativi che mirano a incentivare lo sviluppo dei servizi di advisory piuttosto che il collocamento di singoli prodotti finanziari “a la carte”, da un
lato prevedendo bonus legati alle masse che i consulenti attraggono, dall’altro limando le commissioni di gestione sui singoli prodotti collocati “a la carte”.

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