Fininvest-Mediolanum, punto a Berlusconi

Il Tar del Lazio ha accolto oggi la richiesta di sospensiva avanzata da Fininvest e Silvio Berlusconi contro l’obbligo imposto dalla Banca d’Italia di cedere la partecipazione in Banca Mediolanum eccedente il 9,9% entro l’11 ottobre prossimo. La contesa è nata nel 2014, quando Via Nazionale emise il provvedimento in seguito alla perdita di onorabilità dell’ex presidente del Consiglio per la condanna definitiva per frode fiscale.

Il Tar segna un punto a favore di Berlusconi, rappresentato, fra gli altri dagli avvocati Romano Vaccarella, Andrea Di Porto e Andrea Saccucci. La quota di Fininvest nella banca eccedente il 9,99% non gode comunque dei diritti di voto, sospesi da Banca d’Italia. La società di Berlusconi, se la sospensive non fosse stata accolta, avrebbe dovuto cedere azioni per un valore di circa un miliardo di euro.

Nell’ordinanza, i giudici motivano l’accoglimento dell’istanza con “la gravità del pregiudizio dedotto con la domanda cautelare”, perché “la ormai prossima scadenza del termine fissato dalla Banca d’Italia per la vendita delle quote azionarie, intervenendo presumibilmente prima della definizione del presente giudizio, determinerebbe un danno grave e irreparabile ai ricorrenti, solo parzialmente risarcibile con una sentenza definitiva eventualmente favorevole”.

Si deve considerare, infatti, prosegue l’ordinanza, che difficilmente Fininvest “potrebbe riacquisire una partecipazione rilevante per il controllo di Banca Mediolanum una volta alienate le azioni attualmente possedute in esito alla fusione, per incorporazione inversa, di Mediolanum società per azioni in Banca Mediolanum”.

Il Tar infine ha anche deciso la sospensione del giudizio di merito, in attesa che il Tribunale dell’Unione europea si pronunci sul ricorso presentato da Fininvest contro la decisione della Bce del 25 ottobre 2016 “con cui l’Autorità di vigilanza europea si è opposta all’acquisizione, da parte dei ricorrenti, di una partecipazione qualificata nella Banca Mediolanum”. Dalla decisione della Bce è disceso poi l’ordine di alienazione impartito dalla Banca d’Italia lo scorso anno.

“Nel doveroso bilanciamento dei contrapposti interessi – scrivono ancora i giudici del Tar del Lazio – si deve anche tenere conto, nella presente fase cautelare, della sospensione del diritto di voto a carico dei ricorrenti e della inoperatività del previgente patto di sindacato per il governo della società, conseguenze dirette e immediate del presupposto provvedimento della Banca centrale europea, intangibile da parte del giudice nazionale; il suddetto effetto inibitorio, nelle more della decisione di merito, si deve ritenere adeguato e sufficiente alla tutela del rilevante interesse pubblico affinché i soggetti privi dei cosiddetti requisiti di onorabilità non possano influire in alcun modo sul governo degli istituti di credito”.

Sulla vicenda pendono già altri tre giudizi – uno al Consiglio di Stato e due in sede europea – il cui esito potrebbe portare all’annullamento del provvedimento della Bce dell’ottobre 2016 sul quale si fonda quello emesso da Palazzo Koch lo scorso anno.

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