Bertoli, l’ultimo dei romantici

I nomi che hanno fatto la storia della consulenza italiana, al di là delle autoinvestiture, si contano sulle dita di una mano. Uno di questi è quello di Gianfranco Bertoli (nella foto), vero e proprio protagonista del mondo dell’advisory negli anni ’90. Lo abbiamo intervistato per rivivere con lui le emozioni di un lungo cammino professionale, cercando di capire qual è l’orizzonte che attende questo settore.

Come riassumerebbe le tappe della sua vita professionale?


Sono sostanzialmente quattro. La prima quando nel 1981, a 26 anni, decisi di lasciare la banca per cui operavo per iniziare la attività di consulente finanziario con la Dival, nella struttura di Ennio Doris che poi seguii quando fondò Programma Italia, l’attuale Mediolanum. Lì conobbi Federico Tralli che sarebbe stato fino al 1989 il mio diretto superiore, sia in Dival che in Programma Italia. La seconda risale al 1989, quando con Tralli fondai il gruppo Area Banca. La terza fu nel 1999 quando, uscito dal gruppo Area ed entrato nel gruppo Bipop, ebbi l’intuizione di mettere insieme le potenzialità dell’online dove Bipop era fortissima con Fineco Sim e quindi con
le potenzialità di una rete di vendita: nacque così Banca Fineco, della quale divenni il primo amministratore delegato. La quarta quando, uscito dal gruppo Bipop, entrai nel gruppo Systema, che si occupava di intermediazione mutui a favore dei privati e contribuendo, sempre da amministratore delegato e responsabile della rete di vendita, a farlo diventare da realtà regionale a realtà nazionale, creando di fatto la più grande struttura nazionale con oltre 700 tra dipendenti e agenti, da poco meno di 100, in quattro anni.

C’è qualche scelta del suo percorso lavorativo che non rifarebbe?


Rifarei tutto quello che ho fatto professionalmente: non sono abituato a piangere sul latte versato, l’ho sempre ritenuta una inutile perdita di tempo. Quando una persona fa una scelta, quale che sia, è perché la ritiene per sé la migliore in quel dato momento, altrimenti non la farebbe. Le cose sbagliate o più difficili sono quelle che, ben analizzate e comprese, mi hanno permesso nel tempo di lavorare con successo in settori diversi da quello della raccolta. Si impara sempre, specialmente dalle cose più dure e complesse. Forse starei più attento a gestire i miei risparmi…

Lei ha fatto la storia della consulenza finanziaria in Italia. Come ha vissuto questo mondo e cosa ne pensa delle prospettive per questo tipo di professione?

Appartengo alla generazione dei consulenti romantici che alla fine degli anni ’70 e nei primi anni ’80 scelse di mettersi in proprio
in una professione allora sconosciuta, più
per sfida e desiderio di essere pionieri in qualcosa, di provare ad andare oltre i propri limiti, che per mero calcolo economico. L’attività da allora, da autentico far west, è diventata giustamente sempre più strutturata
e regolamentata, imponendo un approccio
alla professione più razionale, in cui la necessità di competenza tecnica si è sempre più accentuata. Ho sempre affermato che una rete di vendita fisica serva per vendere prodotti complessi. Quando questi prodotti sono diffusi, diventano delle commodity e i clienti li acquistano con facilità online. Basti pensare che nel 1981 per spiegare un fondo comune
a un risparmiatore servivano, quando andava bene, un paio d’ore. Ora i fondi comuni sono diventati prevalentemente ingredienti di altri prodotti, più complesssi. La maturazione
del mercato e dei risparmiatori alla fine ha prodotto la Mifid 2: questo significa che alla ulteriore trasparenza dei costi a favore dei clienti, si aggiunge anche la loro maggiore preparazione. In prospettiva vedo una professione dove saranno necessari portafogli importanti per garantire entrate decorose. Professionisti che dovranno puntare molto
di più sulla relazione vera, cercando di capire ancora di più le esigenze reali e prospettiche dei propri clienti e delle aziende che dovranno necessariamente andare oltre gli investimenti e i servizi oggi proposti. Vedo quindi purtroppo difficile l’inserimento di giovani con poca esperienza.

L’evoluzione del cf all’interno di un mercato sempre più competitivo sta evidenziando
la necessità di sviluppare competenze a 360 gradi. Partendo da questa valutazione non pensa che il segmento della consulenza alle imprese sia il naturale sbocco di questo processo?


Ho sempre cercato con coerenza, nella
mia vita professionale, sopratutto come responsabile di reti di vendita, di fare e di proporre iniziative, prodotti, strategie nelle quali credevo fortemente. Da qualche tempo cercavo l’opportunità di entrare nei servizi alle piccole imprese, un ramo importantissimo del nostro Paese, citato da tanti e trascurato da tutti. Un anno fa sono entrato in contatto con quella che considero una delle migliori realtà che abbia mai conosciuto e certamente la più importante nel settore della intermediazione proprio per le piccole e medie imprese: il gruppo Nsa di Brescia. Abbiamo deciso di iniziare una collaborazione insieme soprattutto per sviluppare la rete di vendita, convinto che le potenzialità di crescita siano interessanti quanto quelle che avevo intravisto nel lontano 1981 quando entrai nel mondo della raccolta.
I primi risultati sono entusiasmanti: dopo soli nove mesi siamo in linea per triplicare la rete di vendita e il numero dei nuovi clienti.
Sì, questa è la naturale evoluzione della mia storia e credo che sarà anche la naturale evoluzione del mercato. Il processo di disentermediazione delle banche è ormai irreversibile e si accentuerà sempre di più specialmente verso le piccole imprese.
Le autorità europee e nazionali hanno
favorito e stanno favorendo, attraverso anche agevolazioni fiscali, la nascita di strumenti come i Pir, i minibond, i fondi di debito, che possono finanziare o investire direttamente, attraverso la loro raccolta, in queste piccole e medie realtà. Ed ecco la naturale evoluzione:
il risparmiatore avrà la possibilità, attraverso il proprio consulente finanziario e per una parte dei suoi investimenti, di sapere dove verranno esattamente investiti i suoi risparmi.
La mia scommessa con il gruppo Nsa è
proprio questa: rendere accessibili anche alle piccole e medie imprese prodotti e servizi
oggi appannaggio solo di aziende medio- medio grandi, strutturate con personale
e professionisti dai costi spesso per loro insopportabili, così da rappresentare per questi piccoli imprenditori la speranza di potersi agevolmente muovere in questo mercato sempre più complesso.

Quali sono le altre passioni che caratterizzano la sua vita di tutti i giorni?


La mia grande passione è la montagna: oltre alle camminate estive, lo sci insieme con Lella, la mia compagna di una vita. Sono innamorato delle Dolomiti dell’Alta Badia e quando scio riesco a rilassarmi fino in fondo. Poi mi piace moltissimo coltivare le mie amicizie e il mio clan familiare.

Concludiamo con un gioco. Che titolo darebbe alla vita che ha vissuto finora?
E a quella che vorrebbe per i prossimi dieci anni?


Avendo sempre realizzato imprese e servizi innovativi forse ci potrebbe stare “La ricerca continua di un eterno sognatore”. Per il futuro invece… idem.

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