Gestione della liquidità, quanto pesa il fisco

di seguito un intervento di Francesco Nobili, dello studio legale e tributario Biscozzi Nobili

La gestione dei patrimoni è un aspetto sempre più cruciale nei rapporti con i clienti. 
Il patrimonio deve essere inteso in senso lato e non limitarsi quindi alla sola liquidità, tenendo in considerazione anche altri beni (immobili, partecipazioni in società).

L’INTESTAZIONE DEGLI ASSET-Solo una corretta mappatura dell’intero patrimonio e la relativa valorizzazione consente infatti
una pianificazione successoria di carattere sostanziale. Anche la gestione della liquidità deve seguire questo approccio, con la necessità di mappare tutto il patrimonio liquido e veri carne l’intestazione (per esempio: un conto titoli è intestato solo al marito o anche alla moglie?), al ne di analizzare gli aspetti civilistici (in particolare il rispetto della legittima) e scali.
La situazione di partenza più comune è l’intestazione del patrimonio finanziario in capo
alla persona sica. In questo
caso, la gestione è semplice in quanto la fiscalità viene applicata dall’intermediario, in genere nella misura del 26% (senza quindi alcun obbligo di indicazione nella dichiarazione dei redditi).

LA SOCIETÀ SEMPLICE –L’intervento dell’intermediario nella riscossione dei redditi consente anche di evitare la compilazione del Quadro RW della dichiarazione (attività estere). La complessità dei patrimoni ha peraltro incentivato l’utilizzo,
per la gestione della liquidità ma anche degli altri asset, di strumenti societari. In questo modo viene creato un contenitore società, le cui quote possono essere trasferite  (sia per vendita, sia per successione o donazione) tra i membri della famiglia, con una significativa semplificazione nella gestione del patrimonio. Per esempio, alla morte del padre, oggetto di successione non sono le singole attività da questo detenute ma le quote della società. Uno degli strumenti è la società semplice, il cui utilizzo è sempre più frequente. La fiscalità della gestione della liquidità da parte di una società semplice è sostanzialmente simile a quella applicabile a una persona sica, con tassazione a titolo definitivo del 26% dell’intermediario finanziario. La società semplice non è tenuta alla presentazione
di un bilancio, con un’indubbia semplificazione contabile e scale rispetto a una società di capitali. Peraltro, come avviene per le persone siche e a differenza delle società di capitali, i costi di gestione di carattere generale (per esempio i costi dei consulenti e le commissioni di gestione) sono indeducibili e i componenti positivi e negativi derivanti dagli strumenti finanziari in gestione non sempre possono essere compensati tra di loro ai ni della determinazione del reddito da assoggettare a tassazione.

LA SOCIETÀ DI CAPITALI –La società di capitali è tenuta alla predisposizione di un bilancio e la fiscalità è applicata nella propria dichiarazione dei redditi e non dall’intermediario finanziario.
La gestione contabile e scale risulta quindi complessa, soprattutto nell’ipotesi in cui
il portafoglio titoli sia oggetto
di frequente movimentazione (acquisto e vendita di titoli, incasso di dividendi e cedole).
A fronte di questa complessità, 
i costi di gestione di carattere generale sono deducibili e i componenti positivi e negativi derivanti dagli strumenti finanziari possono essere compensati tra di loro. Per evitare la complessità contabile e scale sopra evidenziata, e in particolare per diminuire la movimentazione dei titoli, vengono utilizzati a volte strumenti “contenitore” (quote di fondi, polizze assicurative) detenuti dalla società.

È in ogni caso da notare che, rispetto al passato, non esiste
più una differenza sostanziale di aliquota di tassazione del risparmio tra le società di capitali e le persone siche. Le prime infatti scontano l’imposta sulle società (Ires) del 24%, mentre le persone siche scontano un’imposta del 26%. Ai fini di una corretta pianificazione successoria occorre tenere in considerazione anche l’imposta sulle successioni e donazioni.

LE ALIQUOTE -
L’aliquota applicabile ai passaggi (più comuni) tra genitori e gli è attualmente quella del 4%, con una franchigia di 1 milione di euro per ciascun bene ciario.
Per esempio, nel caso di un padre con due gli, se il valore che cade in successione è pari a 10 milioni di euro, l’imposta dovuta da ciascun glio è di euro 160mila, pari a 5 milioni di euro, meno la franchigia 1 milione di euro, quindi 4 milioni di euro, moltiplicato per il 4%.
Nel caso di gestione diretta della liquidità da parte della persona sica sono tutti i titoli che costituiscono il portafoglio che devono essere considerati ai ni
del calcolo dell’imposta. A questo proposito si segnala che i titoli
di Stato non sono assoggettati
a imposta di successione (ma scontano invece l’imposta di donazione) e che strumenti proposti dagli intermediari finanziari per una gestione efficiente della successione sono le polizze assicurative.

LE IMPRESE NON QUOTATE
 –Nel caso di gestione della liquidità da parte di una società sono le quote della stessa che devono essere considerate ai ni del calcolo dell’imposta. Per le società non quotate la base imponibile
è rappresentata dal patrimonio netto contabile e, al veri carsi di determinate condizioni, i passaggi di pacchetti di controllo di società tra genitori e gli non scontano alcuna imposizione. Nel caso sempre più frequente di famiglie internazionali dovrà anche essere analizzata l’eventuale imposta di successione applicabile nel Paese estero.

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