La tassa fa discutere

A seguito del recepimento della direttiva MiFID è stata inserita nell’elenco dei servizi di investimento la “consulenza in materia di investimenti” intesa quale prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative a un determinato strumento finanziario.
L’importanza che va assumendo la consulenza nell’ambito delle attività svolte dagli intermediari e il conseguente incremento dei volumi dei ricavi connessi a tale servizio ha proposto nuovamente la questione del regime IVA applicabile.
L’art. 10, primo comma, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 non contempla espressamente la consulenza in materia di investimenti (o altre forme di consulenza in materia finanziaria) tra le attività esenti dall’applicazione dell’imposta.
Vi è da chiedersi se, considerata la nuova definizione dei contenuti della consulenza, detta attività possa essere riconducibile in via analogica alle operazioni esenti previste al punto 4 (operazioni relative ad azioni, obbligazioni, valori mobiliari e strumenti finanziari) e al punto 9 (prestazione di mandato, mediazione e intermediazione relative a valori mobiliari e strumenti finanziari) del primo comma dell’art. 10. Più precisamente, in virtù della stretta connessione sussistente tra consulenza e singolo strumento finanziario il servizio reso al cliente potrebbe essere assimilato a una attività di mediazione o intermediazione indiretta volta alla compravendita di strumenti finanziari?
Si consideri in proposito che le modalità di determinazione del compenso spettante al consulente potrebbero avvalorare tale interpretazione.

L’applicazione di commissioni commisurate al portafoglio del cliente e, a maggior ragione, l’applicazione di commissioni di performance legate ai risultati conseguiti dal cliente per effetto dei consigli ricevuti dall’intermediario, stanno a dimostrare che l’attività di consulenza è strettamente connessa alle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari e si distingue dal servizio di gestione (esente dall’applicazione dell’IVA) per il solo fatto che le raccomandazioni sono poste in essere direttamente dal cliente e non dall’intermediario. La classificazione del servizio di consulenza tra le attività esenti dall’applicazione dell’IVA è stata recentemente considerata da Assogestioni coerente con la definizione della nozione di servizi di intermediazione fornita nella proposta di Regolamento del Consiglio del 28 febbraio 2008, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE (in materia di IVA) concernente il trattamento dei servizi assicurativi e finanziari. L’art. 10, primo comma, Capo III, relativo ai servizi di intermediazione e di gestione esenti, precisa che un’attività costituisce una distinta attività di mediazione se consiste nella prestazione di una consulenza che implica conoscenze specializzate riguardo ad un servizio assicurativo o finanziario esente.

Il comma secondo dell’art. 10 chiarisce che se un servizio è standardizzato in modo tale che una persona possa prestarlo sulla base di istruzioni previamente determinate, detto servizio non costituisce una distinta attività di mediazione. Le disposizioni regolamentari del Consiglio, seppur ancora in forma di proposta, sembrano voler confermare che la consulenza in materia di investimenti, quale consulenza personalizzata direttamente rivolta al cliente, debba essere considerata esente dall’applicazione dell’IVA; diversamente, la ricerca in materia di investimenti, l’analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale, pur riguardando operazioni relative a strumenti finanziari non potrebbero godere dell’esenzione. E’ auspicabile tuttavia che la versione definitiva del Regolamento consenta di superare ogni possibile dubbio interpretativo stabilendo espressamente il regime di esenzione mediante espresso richiamo ai servizi di investimento e ai servizi accessori menzionati dalla direttiva MiFID.

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