Assogestioni, non sparate sui gestori

 ”Il settore si è fatto travolgere dalle asimmetrie fiscali e regolamentari. Per questo è importante un intervento di correzione su queste problematiche. Rimuovere le asimmetrie sarà di sostegno all’industria, che deve però assumersi le sue responsabilità”. Il presidente di Assogestioni, Marcello Messori, ha le idee chiare sulla crisi del risparmio gestito italiano e, durante l’incontro con la stampa svoltosi questa mattina nella sede dell’associazione, ha presentato un’analisi dettagliata della situazione, proponendo alcune possibili vie d’uscita, nell’attesa del report del tavolo tecnico di Banca d’Italia.

Messori, pur non indicando un colpevole, ha puntato il dito contro i costi di distribuzione, che incidono eccessivamente sulle performance e sull’attività dei fondi, e contro l’inefficiente allocazione temporale dei portafogli, che rivela un’offerta di fondi obbligazionari e azionari “non coerente con l’andamento dei mercati”.

Il presidente dell’associazione delle sgr non ha negato i problemi di performance, ma ha criticato le accuse di “cattiva qualità” dei gestori italiani. Un’analisi del nuovo ufficio studi di Assogestioni, guidato da Alessandro Rota, dimostra che i prodotti delle sgr nostrane non sono tanto lontani, in termini di qualità, dai fondi esteri, come invece emerge dalla tesi di Mediobanca. “L’approccio di Mediobanca è un approccio money-weighted e non time-weighted (ovvero considera anche le scelte dei risparmiatori e non solo gli effetti di gestione, ndr), questo è metodologicmente errato” ha affermato Messori.

La soluzione? “Rimuovere le asimmetrie fiscali e regolamentari” ha ribadito Messori ” è un punto importante per l’industria” che però deve fare autocritica e migliorare i servizi offerti. In particolare mediante una “più efficace combinazione tra risparmio previdenziale e risparmio finanziario”. Messori spinge le sgr a trasformare i fondi comuni di investimento in una sorta di terzo pilastro previdenziale: strumenti finanziari che possono rendere nell’ottica del lungo periodo e rispondere a un’esigenza degli investitori italiani di garantirsi una rendita per la vita post-lavorativa, seguendo così un modello molto diffuso negli USA.

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