Il disappunto dell'ABI

Per chi non l’avesse visto, si tratta di un documento in cui l’Autorità di vigilanza propone alcune linee guida di livello 3 sull’attività distributiva di prodotti qualificati come “illiquidi” ovvero, ad elevato rischio di liquidità: in pratica, obbligazioni bancarie, polizze assicurative a contenuto finanziario e derivati OTC.

La Commissione, con un enorme coraggio interpretativo, deduce dalla normativa europea e nazionale che “l’attività di intermediazione mobiliare, come tratteggiata dalla nuova normativa di derivazione comunitaria, assume così i contorni di un servizio svolto nell’interesse del cliente, perdendo i connotati di mera attività di vendita di prodotti per conto di altre categorie di soggetti terzi (le società prodotto, gli emittenti)”. Detta pertanto delle linee guida cui gli intermediari dovrebbero ispirarsi se non proprio attenersi, al fine di comportarsi con trasparenza e correttezza nella distribuzione dei prodotti definiti “illiquidi”.

Tali linee guida si articolano in:
 

1) misure di trasparenza;
2) presidi di correttezza;
3) graduazione dell’offerta e tutela del cliente.
 
Non è certo questa la sede per illustrare nel dettaglio le indicazioni che fornisce l’Autorità di vigilanza, peraltro tutte estremamente interessanti e in grado, se davvero applicate, di cambiare il volto della distribuzione dei prodotti indicati. In particolare, la vergognosa esperienza dei derivati OTC piazzati a chiunque sarebbe definitivamente chiusa dalla quantità di informazioni che diviene obbligatorio fornire al cliente e dalla serie di avvertenze e verifiche sostanziali da fare prima del collocamento. Vien da pensare che è un po’ tardi per chiudere la porta della stalla atteso che da tempo i buoi non solo sono fuggiti ma sono in gran parte già divenuti carne in scatola. Tuttavia l’applicazione coerente che fornisce la Consob del principio del “miglior interesse del cliente” consacrato nella normativa primaria è encomiabile. E molto apprezzato dai partecipanti alla consultazione; soprattutto dall’ABI la quale ha trasmesso un documento di osservazioni (Position Paper) che trasuda disappunto malcelato dalla forma rigorosa e da una quantità imprecisata, e stilisticamente ridondante, di termini anglosassoni. 
 
Le osservazioni di metodo e di sostanza sono molte, qualcuna anche probabilmente fondata, transitando per passaggi vagamente misteriosi come quello in cui si afferma che le indicazioni “sembrano talvolta indicare una volontà da parte della Commissione di far derivare dalle anomalie di alcuni intermediari delle regole prescrittive declinate in via generale come obblighi a carico dell’intero sistema”. Sembra decisamente una frase in codice per il classico buon intenditor… 
 
Che parlino di UniCredit?
Il Position Paper però sembra superare i limiti quando giunge a commentare il punto 1.2 del documento Consob: “Si raccomanda così in primo luogo di effettuare l’unbundling delle diverse componenti che giustificano il complessivo esborso finanziario sostenuto dal cliente per l’assunzione della posizione nel prodotto illiquido. In tale contesto risulta significativo quantificare, in particolare, il fair value, che potrà utilmente essere ulteriormente suddiviso per evidenziare il valore fair della eventuale componente derivativa, nonché i diversi costi che gravano, implicitamente o esplicitamente, sul cliente, ripartendoli per tipologia”.
 
La risposta dell’ABI è che “in generale, la previsione in capo all’intermediario del dovere di comunicare al cliente la distinzione tra prezzo teorico e maggiorazioni applicate potrebbe ingenerare confusione e difficoltà di comprensione da parte dello stesso cliente. In effetti, in presenza di almeno due intermediari diversi in grado di fare un prezzo sul prodotto, il cliente è portato a perfezionare l’operazione con l’intermediario che offre il prezzo più basso, e ciònonostante quest’ultimo applichi una maggiorazione superiore rispetto al suo concorrente”.
 
I clienti sono certo grati all’ABI che è così interessata ad evitare loro possibili confusioni, ma la Consob parla di “costi” e sinceramente non riusciamo a capire perché un cliente, se il prodotto è esattamente lo stesso, non dovrebbe comprarlo dove gli costa meno. 

Trovi tutti gli altri approfondimenti
su ADVISOR
di settembre

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!

Tag: