Promotori finanziari, il futuro è delle piccole SIM

Le opinioni espresse dai colleghi nei giorni scorsi, di segno opposto fra loro, omettono di chiarire un punto di partenza sul quale anche i media hanno contribuito a generare una certa confusione: quale sia il peso reale della remunerazione dei promotori finanziari rispetto alle commissioni presenti nei prospetti informativi e quindi implicitamente pagate dai sottoscrittori. La confusione deriva dall’indicazione, anziché dell’effettivo pay out ai pf, dell’ammontare delle commissioni percepite dalle Società  di Intermediazione Mobiliare che, come si può ben capire, non distribuiscono integralmente l’ammontare percepito. Senza tediare troppo con formule e percentuali, si può stimare in circa un terzo (a volte qualcosa in più, diverse altre meno) del pay in complessivo in SGR l’effettiva remunerazione dei promotori per lo svolgimento della propria attività professionale.

Detto questo, sappiamo che diversi mesi fa il Governatore di Bankitalia Mario Draghi ha lanciato l’allarme sul settore del risparmio gestito, che vede l’Italia fanalino di coda in Europa per un settore strutturalmente così importante. Fra le proposte di Draghi è nota quella della dematerializzazione dei prodotti finanziari: un effetto prevedibile di questa innovazione si concretizzerebbe nella possibilità, da parte di tutti i mediatori indistintamente, di collocare l’intero universo-prodotti disponibile sul mercato.

A quel punto diventerebbe ovvio il completo recepimento della Direttiva MiFID che, nel suo testo originale, prevede due modifiche normative non introdotte in Italia: 1) la riduzione del capitale sociale necessario per le SIM a 50.000 euro (art 67, paragrafo 2 della Direttiva MIFID 2004/39/CE); 2) la possibilità, da parte degli intermediari, di autorizzare i p.f. ad amministrare fondi e/o strumenti finanziari dei loro clienti per conto e sotto la piena responsabilità dell’impresa di investimento per la quale operano (art. 23, paragrafo 2, comma 2, della Direttiva MIFID 2004/39/CE).

La combinazione di tutto quanto sopra porterebbe a una maggiore concorrenza ed efficienza dei produttori (SGR), una riduzione dei costi distributivi attraverso la revisione del ruolo dell’intermediario (SIM), che potrebbero trasformarsi di fatto in una serie di studi professionali associati (piccole SIM con le stesse garanzie obbligatorie), i cui mandatari (p.f.) si andrebbero a distinguere esclusivamente per il proprio grado di professionalità, collocando l’intero mercato disponibile, con gli stessi criteri di remunerazione attuale del management fee, ma con una qualità nell’assistenza ben diversa da quella odierna: l’interesse del professionista sarebbe (ulteriormente rimarcato) quello di far crescere il portafoglio del cliente, e quindi condividerne gli obiettivi.

I risparmi conseguibili dai clienti sarebbero nell’ordine del 25/40% rispetto alle commissioni attuali che, sommati alla maggiore efficienza dei prodotti causata dalla concorrenza, sostanzierebbe probabilmente l’evoluzione definitiva del settore anche nel nostro Paese.
e-mail firmata

Risponde la redazione di Bluerating.com
Apprezziamo la precisazione fatta all’inizio dal nostro lettore, e per questo lo ringraziamo dal momento che spesso è troppo facile scagliarsi contro un solo anello della catena e non affrontare i problemi del sistema in maniera totale.
Ringraziamo anche per l’analisi dettagliata (e sotto molti aspetti condivisibile) del mondo del risparmio gestito in uno scenario futuro (con dematerializzazione, MiFID e quant’altro). Scenario sul quale non facciamo ulteriori commenti ma solo qualche riflessione in più.

1. Secondo il pf che ha scritto questa mail la dematerializzazione consentirà a tutti i mediatori di collocare l’intero universo-prodotti disponibile sul mercato. Ma la dematerializzazione, nel lungo periodo, non rischia di decretare la fine della promozione finanziaria così come l’abbiamo concepita finora? I pf non dovrebbero necessariamente migrare un po’ alla volta verso l’albo dei consulenti?

2. Il nostro lettore descrive un mondo dominato dalla stessa management fee per ogni tipo di prodotto. Non si rischia di far nascere un cartello tra le grandi realtà che, fissando una fee più alta e difficilmente raggiungibile per le piccole società, creerà una sorta di “sudditanza” tra pf e grandi gruppi?

3. Il nostro lettore, come molti prima di lui, descrive scenari completamente diversi e rivoluzionari rispetto a quello attuale.
Ma del mondo della promozione finanziaria, come lo abbiamo conosciuto finora, non c’è davvero niente da salvare?
I risparmiatori sono stati sempre e solo “traditi” e mai “gestiti”?

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