Al test dei qualificati

Questo si è potuto verificare in molti casi in virtù di una disposizione regolamentare (art. 31 Regolamento Consob n. 11522/98) che prevedeva la possibilità di “disapplicare” quasi tutte le regole previste per lo svolgimento dei servizi di investimento volte alla tutela del cliente nei rapporti con investitori classificabili come operatori qualificati. Per operatore qualificato l’art. 31 intendeva, oltre ai tipici investitori istituzionali citati espressamente dalla norma (banche, SIM, assicurazioni, GR, promotori finanziari…) anche le persone fisiche dotate di requisiti di professionalità stabiliti dal TUF, debitamente documentati, e le persone giuridiche in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata dal rappresentate legale. Mentre per le persone fisiche il livello di conoscenza ed esperienza doveva necessariamente essere documentato, per le persone giuridiche lo status di operatore qualificato si poteva presumere sulla base di una semplice dichiarazione del rappresentante legale in merito ad un’esperienza definita specifica ma in realtà “generica” in quanto non riferita a specifici investimenti nel settore finanziario.

Gli intermediari hanno avuto certamente interesse ad acquisire dai legali rappresentanti delle società ed degli enti locali la dichiarazione di “operatore qualificato” per evitare l’applicazione di disposizioni regolamentari che nella negoziazione di strumenti derivati, soprattutto se non negoziati in mercati regolamentati, potevano comportare rilevanti responsabilità e il rischio di risarcimento dei danni. Si consideri, ad esempio, che nei rapporti con gli operatori qualificati non si applicava la disciplina dell’adeguatezza e pertanto l’intermediario non doveva svolgere la complessa valutazione volta ad accertare la corrispondenza del profilo dell’investitore alle caratteristiche dell’operazione, senza preoccuparsi di verificare se l’investimento nello strumento derivato rappresentasse operazione speculativa o di copertura e, in questo secondo caso, se, considerate le esposizioni del cliente, l’operazione richiesta consistesse realmente in un’operazione di copertura. Nei confronti degli operatori qualificati l’intermediario non doveva fornire informazioni adeguate al cliente e, soprattutto non doveva provare di aver fornito tali informazioni. 
 

A seguito dell’applicazione delle nuove disposizioni di attuazione della MiFID che hanno introdotto la figura del “cliente professionale” in sostituzione dell’operatore qualificato, la possibilità di non applicare alcune regole volte alla tutela degli investitori è subordinata all’accertamento in capo al cliente (persona fisica e giuridica) di requisiti di esperienza e conoscenza concreti e specifici, accertamento che non si può basare su una generica dichiarazione dell’interessato.

Oltre ai clienti istituzionali di diritto – per i quali il possesso dell’esperienza, delle conoscenze e delle competenze necessarie per prendere consapevolmente le decisioni in materia di investimenti e valutare correttamente i rischi si presume da status (banche, SIM, SGR), dimensioni (valore del fatturato di 40 milioni di euro, totale bilancio di 20 milioni di euro, fondi propri di 2 milioni di euro) o oggetto sociale (investitori istituzionali che la cui attività principale è investire in strumenti finaniari) – i clienti professionali su richiesta possono essere considerati tali solo a seguito di una effettiva verifica documentale di requisiti minimali (operatività pregressa su strumenti finanziari, valore del portafoglio detenuto dal cliente, attività svolta come professionista nel settore finanziario) che lascino intendere all’intermediario la possibilità del cliente di adottare le proprie decisioni comprendendone i rischi, tenuto conto della natura delle operazioni e dei servizi previsti. In virtù delle vigenti disposizioni regolamentari oggi le piccole società di capitali e gli enti locali ben difficilmente possono dimostrare di avere i requisiti necessari per essere classificati come cliente professionale. In virtù dell’attuale impostazione normativa gli intermediari non hanno più alcuna convenienza a classificare i clienti come “professionali”, in quanto la disapplicazione della normativa relativa ai servizi di investimento è solo parziale ma soprattutto perché la procedura di classificazione del cliente professionale è molto più rigorosa e in caso di errore di valutazione l’intermediario si espone a responsabilità troppo elevate.  


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