Il timbro sul buono postale è illeggibile? Non scatta la prescrizione

Domanda. Una cliente ha da poco ritrovato un vecchio buono postale di sua madre ma allo sportello le hanno risposto che è andato in prescrizione alcuni mesi prima e quindi non è pagabile. Allego copia del buono per un vostro parere.
F.G., Roma

Risposta. A una verifica della copia del buono inviato si nota come il timbro che riporta le allora vigenti condizioni (rispetto a quanto indicato sul foglietto appartenente a una serie non più emessa) sia pressoché illeggibile. In tal caso la cliente del lettore ha possibilità di tornare in partita nei confronti delle Poste.
Il ragionamento scaturisce da una nota sentenza di Cassazione a Sezioni Unite numero 13979 del 15 giugno 2007 secondo cui il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei buoni, essendo questi titoli di legittimazione e non di credito, si forma sulla base dei dati risultanti dal testo degli stessi. E’ quindi contrario alla funzione stessa dei buoni postali, destinati a essere emessi in serie per rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori, ipotizzare che le condizioni alle quali l’amministrazione postale si obbliga possano essere fin da subito diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all’atto della sottoscrizione. In base al principio dell’affidamento contrattuale pertanto vale ciò che è stato firmato all’atto della sottoscrizione e non altro. Conseguenza di ciò è che i dati riportati sui moduli cartacei dei buoni rappresentano le condizioni contrattuali che regolano le obbligazioni tra le parti.
Un timbro apposto su un buono postale quindi ha valore di clausola contrattuale ma se il timbro, come nel caso in questione è illeggibile, l’effetto non può che essere la sua invalidità.
Un ragionamento seguito da una recente sentenza (R.G. 5290/2012) emessa il 27 luglio 2016 dal Giudice Gino Bloise del Tribunale di Cosenza, la quale ha accolto le tesi degli avvocati Emma Iocca e Raffaella Chiappetta e ha riformato un opposto provvedimento del Giudice di Pace della città di Telesio. La vertenza riguarda appunto un buono postale non pagato perché prescritto. Nel dispositivo si sottolinea l’assoluta illegittimità del timbro apposto in calce al buono fruttifero contenente sia la serie sia il meccanismo di produzione di capitale e interessi nel corso degli anni e dal quale desumere di conseguenza il termine di prescrizione, proprio perché il timbro è del tutto illeggibile. In altri termini, l’illeggibilità del timbro esclude che le Poste possano avvalersi del contenuto dello stesso, inclusa la prescrizione.
Il giudice ha anche ammesso la legittimità passiva di Poste, e non del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto soggetto che ha emesso il buono e soggetto unico che deve provvedere al suo rimborso.
E’ quindi possibile presentare reclamo e poi rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario. E’ da notare come la casistica sopra indicata non sia invece applicabile alle modifiche apportate dal D.M. 13 giugno 1986, che trasformò d’ufficio le serie dei buoni postali in essere, con conseguente calo dei rendimenti. In quel caso non occorreva alcun timbro perché si agiva su buoni già emessi.

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