L’articolo “Consulenti e promotori obbligati a divorziare” portava in superficie il problema dei rapporti familiari nello svolgere l’attività di consulenza finanziaria. In particolare l’art. 5 del decreto 206 del 24 dicembre 2008, che stabilisce i requisiti per accedere al nuovo albo dei consulenti, impedisce l’iscrizione a familiari di promotori finanziari (e non solo). Ma indica anche una possibile via d’uscita.
A riguardo riceviamo e pubblichiamo il parere dell’associazione Assonova che esprime una perplessità sul tema in questione
Scrive Arrigo Nano, presidente Assonova.
L’ impedimento in questione, e che nello specifico riguarda l’albo dei consulenti finanziari (e la loro indipendenza di giudizio), invita ad una riflessione. Come si possono isolare quelle influenze che i rapporti familiari, di lavoro, di amicizia, possono avere sulla qualità delle prestazioni professionali? E’ ovvio che si stanno valutando ipotesi in cui è prevedibile l’insorgere anche solo eventuale di interessi in conflitto. La questione diventa allora di carattere generale e riguarda ogni ruolo di natura professionale o istituzionale.
Nell’area delle professioni del risparmio (e di quelle collegate come revisori o periti..) i criteri di incompatibilità o di impedimento sono sovente richiamati anche dal quadro regolamentare e deontologico oltre che da quello legislativo. E’ rilevante inoltre la responsabilità del soggetto interessato che deve comunicare l’impedimento sopravvenuto.
Le condizioni di accesso alla professione creano infatti il presupposto per il controllo su quelle di esercizio. Così la dichiarazione dell’interessato che ”autocertifica” l’inesistenza di cause ostative andrà a confrontarsi con eventuali contestazioni o reclami da parte di clienti. Altra questione riguarda la frammentarietà normativa di tutto il settore di attività che ruota attorno alle banche e che rende difficile un coordinamento tra albi, registri ed elenchi. Così non sempre le cause di incompatibilità risultano reciproche.
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