La pretesa onnipotenza dei consulenti finanziari

Stabilire delle differenze tra promotori e consulenti è possibile anche senza ricorrere ai conflitti di interesse, e non credo che la MiFID ai promotori finanziari italiani abbia fatto regali. Su questo tema si usano sovente frasi fatte e anche l’amico Luca Mainò, che stimo personalmente, forse nella necessità di essere sintetico, non è uscito dal coro. Nonostante le apparenze, i promotori finanziari e i consulenti indipendenti non vengono percepiti dall’utenza in modo contrapposto.

Questo è dovuto al fatto che per quarant’anni in Italia, indipendentemente dagli orientamenti della Consob, la consulenza finanziaria è comunque stata rappresentata dai promotori. Ma oggi anche altre figure che operano nell’area bancassicurativa e creditizia offrono servizi che costituiscono un’offerta di consulenza che vista dalla parte dei clienti può risultare ancora non ben definita.

La MiFID è stata introdotta in un momento in cui stava esplodendo la crisi. E’ stata applicata frettolosamente
alle attività complicandone i processi e il capitolo della consulenza finanziaria, in particolare, è il risultato di voler adattare al nostro sistema un abito stretto, dalle dubbie qualità di proteggere dal freddo che sarebbe arrivato con i titoli tossici. Oggi è evidente che il progetto legislativo e regolamentare è andato ben oltre la reale capacità di adattamento del sistema, creando aspettative non raggiungibili se non in tempi molto più lunghi.

Ridurre il confronto tra promotori e consulenti al potenziale conflitto di interessi è una semplificazione terribile. Il decollo della consulenza finanziaria nel nostro Paese non può avvenire se le banche non fanno la loro parte. Non è pensabile che un tal progetto sia affidato unicamente ai consulenti indipendenti. La Banca d’Italia, nel documento sui fondi del 18 luglio 2008, parla di innalzamento dei requisiti di neutralità e non di conflitti di interesse, attribuendo ai promotori finanziari e alle banche un ruolo notevole nella diffusione della consulenza. Ma dopo mesi di dibattiti ci stiamo finalmente rendendo conto delle difficoltà di definire in modo non equivoco in che cosa consistano i modelli di appropriatezza e adeguatezza, le attività consulenziali espresse nel collocamento e il servizio stesso di consulenza finanziaria.

La MiFID non prevedeva vari livelli di consulenza come invece si stanno creando, stabilendo un servizio di consulenza base gratuito e una consulenza avanzata a pagamento. Siamo pratici: qualsiasi forma di consulenza MiFID avesse contemplato nel portafoglio dei clienti  titoli Lehman (il che è possibile essendo attuata a novembre 2007) sarebbe stata la dimostrazione di come non bastano ricette e gourmet per cucinare bene: ci vogliono ingredienti sani. 

Per questo motivo la crisi deve indurre a una riflessione riguardo alle pretese di onnipotenza di ogni consulente che in un mondo finanziario senza regole ben poco può garantire ai propri clienti. E non sto parlando di risultati ma del pericolo che i processi che si adottano diventino inaffidabili, o si rivelino insufficienti. Più che la consulenza MiFID conteranno in futuro le revisioni dei rapporti tra soggetti in campo come ad esempio quelli tra analisti e gestori, tra chi emette i rating e chi revisiona i bilanci.  

Per altro verso, le considerazioni di Luca Mainò, riguardo ai limiti che può incontrare l’efficienza dell’attività consulenziale dei promotori e che solo in parte posso condividere, vanno riferite più al contratto di agenzia che lega il promotore all’intermediario, piuttosto che ai conflitti di interesse.

Non era stata data in passato una definizione precisa di tali ipotesi prima del regolamento congiunto Consob-Banca d’Italia (attuativo dell’art.6 comma2-bis del TUF) emanato in concomitanza della MiFID. Se andiamo a vedere le ipotesi dell’art 24 ci rendiamo conto di quanto possa essere arbitrario sostenere che la consulenza offerta dal promotore si ponga di per sè in conflitto come appunto si sostiene.

Tutt’altra questione è quella affrontata dal documento Consob L3 della MiFID in ordine alle politiche commerciali delle banche. Il documento Consob, che aspetta ancora una definizione, ben inquadra le difficoltà di fare consulenza ai clienti senza un vero ripensamento degli obiettivi in gioco. Per concludere, anche se la Banca d’Italia ha riconosciuto un ruolo importante ai consulenti, il loro albo, anticipando la crisi della deregulation, conseguente alla crisi finanziaria, è più funzionale al controllo di una attività che già esisteva che ad un progetto esclusivo per una nuova professione, almeno per ora.

di Arrigo Nano (presidente Assonova)

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