2000-2010, il decennio magico che ha cambiato il mondo Etf

di Carlotta Scozzari

L’attività di market making svolta da UniCredit sugli Exchange traded fund (Etf) soffia sulla decima candelina. Come spiega a Soldi Paolo Giulianini, head of Etf Trading & Advisory della banca, tale attività, finalizzata a garantire la liquidità degli Etf grazie a una presenza costante sui book di negoziazione, ha preso il via nel giugno del 2000, quando il contesto di riferimento per gli Etf era molto diverso da quello attuale. “All’inizio – spiega l’esperto di UniCredit – sul mercato c’erano prodotti che avevano per sottostanti indici, per lo più europei, molto semplici da replicare e con un rischio di cambio minimo. Man mano, soprattutto con l’uscita di molti strumenti sui mercati emergenti, il rischio valutario è aumentato, insieme con le difficoltà legate al pricing, anche perché i sottostanti, spesso quotati su mercati esteri, non erano sempre in negoziazione durante l’orario di contrattazione degli Etf”.
“Il risultato – tira le somme Giulianini – è che ora il mercato degli Etf è molto più complesso rispetto a dieci anni fa”. Basti pensare che ora le attività in gestione, in Europa, sono pari a 190 miliardi di euro rispetto ad asset che nel 2000 non arrivavano nemmeno a toccare il miliardo. Nel Vecchio Continente, le Borse in cui questi strumenti sono trattati sono invece 18, rispetto ai due soli listini, tedesco e inglese, del 2000. “Certo – avverte Giulianini – bisogna considerare che sulla Borsa greca, ad esempio, si può contrattare un unico Etf”. Molti progressi sono stati fatti anche in termini di liquidità degli strumenti “replicanti”, così come misurata dagli spread, ossia dalla differenza tra denaro e lettera. Come fa sapere il responsabile dell’Etf Trading & Advisory di UniCredit, all’inizio del decennio “gli spread sugli Etf erano molto ampi, mentre ora, a volte, capita anche che essi siano addirittura inferiori rispetto a quelli dei sottostanti. Ciò avviene sia per l’elevata concorrenza che c’è tra market maker sia per l’inserimento continuo di ordini di acquisto e di vendita da parte degli investitori”. E quali sono le previsioni per il futuro del mercato dei “tracker”? “Dopo che i volumi medi di scambi giornalieri – osserva Giulianini – sono già cresciuti di quasi il 90% rispetto all’anno scorso, raggiungendo i 3,8 miliardi di euro, stimiamo che il mercato faccia ulteriori passi avanti, perché gli emittenti continuano ad aumentare, così come l’interesse mostrato dagli investitori retail e istituzionali”.

L’articolo completo lo puoi trovare su Soldi,
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