Crowdinvensting, i dati aggiornati sul fenomeno in Italia

Quanto hanno raccolto equity crowdfunding, lending crowdfunding e invoice trading. Le prospettive per tutto il 2016

 

Aumenta anche in Italia il numero delle attività imprenditoriali che hanno cercato e trovato denaro rivolgendo un appello diffuso attraverso Internet. E’ il mondo delle nuove forme di finanziamento che vanno sotto i nomi di equity crowdfunding, lending crowdfunding e invoice trading e che si stanno sviluppando complice l’atrofia del tradizionale canale di finanziamento bancario.

L’Osservatorio Crowdinvesting della School of Management del Politecnico di Milano ne ha fotografato lo stato dell’arte nel primo report italiano sul Crowdinvesting, aggiornato al 15 giugno 2016 e presentato questa mattina al Politecnico.

Lo studio ha focalizzato l’attenzione sui portali che consentono alle imprese di ottenere capitale offrendo una remunerazione agli investitori attraverso la sottoscrizione di capitale di rischio (equity crowdfunding, ambito dove l’Italia vanta una legislazione specifica relativa a startup e PMI innovative), oppure attraverso prestiti (lending crowdfunding) o ancora con la cessione di fatture commerciali (invoice trading).

“Il crowdinvesting è un sottoinsieme del crowdfunding – ha spiegato Giovanni Giudici, direttore scientifico dell’Osservatorio Crowdinvesting – e si realizza quando investitori finanziari diffusi, attraverso una piattaforma Internet abilitante, rispondono direttamente ad un appello rivolto alla raccolta di risorse per un progetto, in cambio di una remunerazione del capitale. E’ un fenomeno molto recente, eppure nel 2015 ha raccolto risorse a livello mondiale per circa 28 miliardi di euro. A determinarne lo sviluppo sono stati la crisi finanziaria, che ha portato le imprese a cercare fonti di finanziamento alternative, e l’azzeramento dei rendimenti risk free”.

 

Equity crowdfunding

L’equity crowdfunding (raccolta di capitale attraverso la sottoscrizione diretta sul web di titoli partecipativi del capitale) nel 2015 ha raccolto nel mondo 2,56 miliardi di dollari, in gran parte destinati a startup. In Europa il mercato di riferimento è il Regno Unito, dove la principale piattaforma, CrowdCube, ha raccolto finora oltre 168 milioni di sterline.

In Italia, con la recente riforma del Regolamento Consob, l’equity crowdfunding ha cambiato marcia (oggi possono accedervi startup e PMI innovative, purché la campagna sia veicolata su piattaforme autorizzate) e solo nell’ultimo trimestre sono arrivate sul mercato 11 offerte. Questo dovrebbe portare il mercato alla soglia di 9 milioni di euro entro l’anno, ora siamo a quota 5,565 milioni (comunque molto poco rispetto ad esempio al Regno Unito, dove solo nel 2015 di milioni ne sono stati raccolti 332).

Ecco i numeri aggiornati al 15 giugno 2016: I portali autorizzati sono 19 (la piattaforma leader è al momento StarsUp, con 16 progetti lanciati) a fronte di 48 campagne di raccolta promosse da startup, PMI innovative e veicoli di investimento, di cui 19 chiuse con successo, 17 chiuse senza successo, 12 in corso. Le imprese protagoniste delle campagne sono per lo più lombarde (16 casi), toscane (7 casi), laziali e sarde (5 casi a testa), con 3 anni di età e un fatturato di circa 17.000 euro. L’obiettivo principale della raccolta è lo sviluppo commerciale (28 casi) seguito dall’investimento produttivo (18 casi). Il target di raccolta medio è di 317.000 euro, corrispondente ad una quota del capitale azionario offerta pari al 22,68%. I progetti presentati spaziano dai servizi in piattaforme social/sharing (10 casi), all’ICT (10 casi), ai servizi professionali (9 casi).

Gli investitori, stando a un’analisi inedita condotta su 365 persone fisiche, hanno tra i 40 e i 49 anni, sono per l’82% uomini e per il 28% risiedono in Lombardia. Fra gli investitori sono state censite anche 43 persone giuridiche, fra cui imprese di servizi e consulenza, manifatturiere, banche, holding finanziarie.

 

Lending crowdfunding

Nel lending crowdfunding (o social lending) gli investitori possono prestare denaro attraverso Internet a persone fisiche (consumer) o imprese (business) a fronte di un interesse e del rimborso del capitale. Generalmente la piattaforma di lending seleziona il prestito attribuendo un rating e lo suddivide fra una  molteplicità di investitori, per frazionarne il rischio. Nel mondo nel 2015 i portali di lending hanno raccolto oltre 25 miliardi di dollari, il leader di mercato è la statunitense Lending Club.

Oggi in Italia esistono quattro piattaforme attive (Borsadelcredito.it per il settore business lending; Prestiamoci, Smartika, Soisy per il settore consumer lending) più una in arrivo (Younited Credit). Il totale dei prestiti erogati è pari a 28,3 milioni euro, con una durata media dei finanziamenti fra i 30 e i 40 mesi e il tasso annuo nominale (TAN) di circa il 6%, più precisamente tra 5,7% e 7,7%.

Attualmente sono 131 i prestiti concessi a imprese (1,9 milioni di euro, per un importo medio di 12.900 euro), 5.189 quelli a persone fisiche (per il 74% uomini che hanno come motivazione principale del prestito l’acquisto della casa o dell’automobile e che in media ricevono 5.000 euro). Le prospettive in Italia sono quelle di una crescita sensibile, che però necessita di una riforma del regime di tassazione (oggi penalizzante) e dell’arrivo di nuovi investitori, anche istituzionali.

 

Invoice trading

Per l’invoice trading esiste in Italia un’unica piattaforma attiva (Workinvoice.it) più due in arrivo (Instapartners e Cashme). L’invoice trading consiste nella cessione di una fattura commerciale attraverso un portale Internet che seleziona le opportunità e sostituisce il tradizionale ‘sconto’ della fattura attuato dalle banche. La cessione viene attuata o tramite un’asta competitiva o tramite il tranching in tante porzioni. Gli investitori quindi anticipano l’importo della fattura, al netto della remunerazione richiesta.

Il mercato è ancora in fase embrionale: al momento le imprese che hanno approfittato di questa opportunità sono solo 40, con 220 fatture cedute per un importo totale di 11 milioni di euro, a fronte di 20 investitori (qui l’importo medio di investimento è abbastanza elevato). Siamo però ben lontani dai numeri del Regno Unito, ad esempio, che ha movimentato 325 milioni di sterline solo nel 2015.

 

 

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