“Non facciamoci illusioni . Siamo di fronte ad una lunga fase recessiva. Una situazione che si protrarrà per un bel po’. E a cui dobbiamo resistere” parola di Henry Kravis, la leggenda di KKR & Co. Se Martin Luther King aveva il suo “I have a dream”, Kravis propone “I have a nightmare”. Perlomeno questo è quanto emerso dal un workshop presso l’Intercontinental Hotel di Berlino, fonte Finanza & Mercati; 2.200 iscritti per ascoltare 250 speakers, tutti esponenti di punta del private equity.
Obiettivi cambiati. O meglio dissolti. Se è vero che l’unico obiettivo attuale sembra essere la prospettiva di potersene porre uno. Due anni fa a Francoforte, i private riuniti a congresso celebravano un target di 50 miliardi di dollari di deals in un anno solo. Ora, stando a quanto riportano i dati Dow Jones per l’ultimo trimestre 2008, gli investimenti in private sono crollati del 60%, 43 miliardi in tutto.
Persiste qualche eco di spartana fierezza nelle parole di Kravis “Se le banche non hanno soldi, ebbene, saltiamole. Andiamo direttamente dai fondi, tipo Fidelity o Templeton. Dai fondi pensione o dai fondi sovrani”. Per sconfiggere la minaccia della mancata raccolta, indirizziamoci verso un canale comune sembra voler dire. Le Termopili del risparmio gestito ci salveranno?
Le battaglia tra i prodi 300 e l’esercito di Serse sembrava essere una sconfitta annunciata. Si rivelò un’ incoraggiante premessa di riscatto. Riuscirà Leonida Kravis a ripetere la storia? C’è solo un problema. Il nemico reale potrebbe derivare dalla compattezza del suo esercito.