Risparmio gestito – Le similitudini tra finanza islamica ed etica

I fondi etici cominciano ad essere conosciuti (e apprezzati) da una buona fetta di risparmiatori e di addetti al settore. In tempi di crisi come questi, li si è visti reggere mediamente meglio alle perdite. Esiste una realtà poco conosciuta ma che, come vedremo, si può considerare parallela: è il mondo della finanza islamica. Effettivamente una affermazione di questo tipo potrebbe sembrare avventata, ma approfondendo le leggi che governano le procedure di investimento  non si potranno non notare similitudini di approccio.

Le logiche di conduzione dell’attività sono molto semplici, riconducibili a quattro linee guida. Prima regola: niente interessi. Il principio si chiama Riba, e vieta i prestiti dietro pagamento di interessi. Questo effettivamente è un concetto poco applicabile alla realtà occidentale e non è neanche richiamabile all’interno dei gestori etici. Seconda regola: nessun derivato. Il Gharar non prevede investimenti in attività che comportino irragionevole incertezza e ambiguità. Terza regola: no alla speculazione. La norma Maisir non permette di portare avanti un investimento in attività puramente finanziarie, non legate ad attività reali. Ultima regola: niente titoli immorali. Con l’ Haram vengono escluse società che producono alcol, tabacco, armi, materiale pornografico, gioco d’azzardo e carne suino (anche se su quest’ultima l’immoralità è solo una questione di punti di vista).

Se facciamo un giro sul sito di Etica sgr ed osserviamo i criteri di selezione, possiamo riscontrare che Sono escluse dai fondi le imprese che producono armi o parti di armamenti, sono coinvolte nel gioco d’azzardo, producono tabacco; non può non farci pensare alla similitudine con l’Haram, se pur con specifiche diverse (Etica esclude anche altre categorie come il commercio di pellicce, le società che fanno test su animali, quelle che portano avanti centrali nucleari, ecc). Così come non si può non pensare al Maisir quando si osservano le particolari attenzioni dell’investimento etico nei confronti della trasparenza dello stesso e della società di riferimento (“Da sempre escludiamo le grandi società finanziarie dal nostro paniere etico”, ha dichiarato di recente Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica sgr). Le similitudini vengono ancora di più alla luce se si pensa al fronte dei risultati: sia la realtà islamica, che quella etica, hanno mediamente performato meglio in questa crisi, contenendo le perdite.

Una ricerca svolta dall’Osservatorio finanza etica aveva avuto modo di dimostrare che, nell’anno dell’esplosione della crisi subprime, i fondi etici avevano garantito minori perdite per gli investitori; successivamente si è avuto modo di riscontrare in maniera chiara dal mercato internazionale, una maggiore attenzione a questo comparto (basti pensare che molti tra i big della gestione hanno implementato prodotti coerenti con queste logiche). Se ora passiamo al mondo islamico, i fondi (in italia sono presenti solo due opportunità al riguardo, il Bnp paribas Islamic fund equity optimiser classic e l’ Al Dar world equities di Pictet) hanno perso tra il 20% e il 30%, cioè meno della metà rispetto alla media dei più importanti listini mondiali; inoltre la raccolta risulta in forte crescita, in incremento del 14% stabilmente negli ultimi dieci anni.

Traendo le conclusioni
, è interessante scoprire come, in fondo, alcune barriere che la nostra cultura è comunemente portata a pensare, anche sul piano delle dinamiche economiche, in realtà non esistono. Si può dire che la condivisione di valori fondamentali è patrimonio genetico dell’umanità intera e prescinde dal relativismo dei singoli eventi che contraddistinguono la storia di una comunità. La morale è un qualcosa di impalpabile, ma di portata universale.

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