Gli indici replicano davvero il mercato?

Nel confronto tra gestione attiva e passiva, spesso non si considerano i criteri di formazione e gestione degli indici, che non replicano il mercato, ma seguono piuttosto una politica di selezione dei titoli.

Il concetto di mercato viene solitamente svuotato del suo significato omnicomprensivo ed associato ad alcuni dei più famosi indici internazionali, quali possono essere il Morgan Stanley Company International (MSCI) World, l’MSCI Asia o il Dow Jones (DJ) Euro Stoxx 500, oppure relativi agli Stati Uniti, con lo Standard and Poor’s (S&P) 500, il Russell 2000 ed il DJ Industrial Average, senza considerare che il mercato, nel suo senso più profondo, è costituito dalla molteplicità di titoli quotati sui mercati regolamentati e non, come i cosiddetti over the counter (OTC), per i quali il Nasdaq rappresenta l’esempio più conosciuto.

Definita l’impossibilità di avere un indice rappresentativo dell’intero mercato, osserviamo come gli indici non siano semplice specchio del settore di mercato che puntano a rappresentare, ma siano piuttosto costituiti da alcune regole che definiscono dei criteri di selezione e comportano un bilanciamento periodico dei titoli scelti, un concetto raramente considerato quando ci si riferisce alla gestione passiva.

Prendiamo come dimostrazione lo S&P 500, che rappresenta un paniere delle 500 società statunitensi a maggiore capitalizzazione, partito nel biennio 1941/43, dopo la fusione tra Poor’s Publishing e Standard Statistics. Quando cerca candidati per l’inclusione nell’indice, lo S&P Index Committee usa cinque criteri principali, ovvero: liquidità ed adeguato flottante (il rapporto tra il volume di transazioni mensili e le azioni in essere deve essere pari a 0,3), analisi fondamentale (quattro trimestri consecutivi di reddito netto positivo su base operativa), capitalizzazione di mercato (non sono previsti limiti specifici ma il principio è di scegliere imprese guida nei settori guida), rappresentanza settoriale (peso di ogni settore in linea con il peso che il settore possiede nel mondo economico), mancanza di rappresentanza (una regola che recita “se l’indice fosse creato oggi, questa società non vi sarebbe inclusa perché non soddisfa uno o più dei criteri sopra esposti”).

Le cinque regole citate, ed in particolare la soggettività offerta dal principio della mancanza di rappresentanza, con le oltre 1.000 società rimosse dallo S&P 500 nel corso della sua storia, la vita media di un’azienda, passata da 25-35 anni nel 1950, agli attuali 10-15 anni, chiariscono quale debba essere il concetto di gestione passiva legato agli indici.

Lo spunto che può cogliere un investitore, per trarre vantaggio dall’analisi sopra condotta, è avvantaggiarsi dalla selezione offerta dalle regole di creazione e gestione dell’indice, rinunciando a cercare di selezionare i singoli titoli, con l’intento di replicare il mercato o un suo settore per un lungo periodo. Per venire incontro a questa esigenza l’industria del risparmio gestito offre numerosi Etf, tuttavia risulta fondamentale osservare il track record, ovvero lo scarto dal sottostante, che per alcuni Etf risulta ancora piuttosto elevato. 

Con la grande maggioranza dei prodotti a gestione attiva, che in pratica replicano uno o più indici, e l’aver osservato quale debba essere il concetto di gestione passiva legato agli indici, gli investitori possono essere più consci delle scelte che effettuano.
 

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