Risparmio gestito – Exit e punti di domanda

Exit dalla recessione mondiale? È probabilmente vero, almeno dal punto di vista tecnico. Nella zona Euro sta già succedendo in particolare in Germania e Francia, il che è sorprendente. La crescita del secondo trimestre in questi paesi è stata sostenuta dal consumo delle famiglie, essenzialmente sotto l’effetto delle misure fiscali a favore del settore automobilistico. L’incentivo alla rottomazione (“cash for cluncker” per gli anglosassoni) ha contribuito per quasi un terzo alle vendite del settore. L’impatto industriale (e politico) è tale che il provvedimento potrebbe essere prorogato in Francia fino al 2011. Sebbene vi sia motivo di rallegrarsi per l’inatteso ritorno della crescita in Europa, è meglio andarci piano con l’ottimismo. Questi provvedimenti hanno di fatto concretizzato oggi una domanda futura altrimenti spalmata nel tempo, domanda che in futuro sarà ridotta in proporzione. È quindi necessario rimanere prudenti sulle componenti di questa ripresa europea, che talvolta nascondono le ristrutturazioni necessarie delle nostre aziende, con una Germania ancora troppo dipendente dalla domanda estera o una Francia in preda ad una pesantezza amministrativa spesso paralizzante. anche Negli Stati Uniti la situazione economica sta migliorando e il paese beneficia come altri stati della fase di ricostituzione globale degli stock dopo più di due trimestri di massicce riduzioni delle scorte da parte delle aziende. L’indice avanzato dei Direttori d’acquisto ha così finalmente superato la soglia di 50, indicando un’attività manifatturiera in espansione per la prima volta da gennaio 2008. Nel terzo trimestre l’economia statunitense dovrebbe registrare una crescita di circa il 3,5%, trainata dalla produzione e dalle esportazioni. Unica zona d’ombra, il consumo finale che potrebbe rivelarsi deludente, con la necessaria riduzione del livello di indebitamento delle famiglie che deve compensare il sostegno apportato dai provvedimenti fiscali e dal perdurare della moderazione dei prezzi.

Exit dai provvedimenti non convenzionali di allentamento monetario? Al momento non è dato per scontato. È difficile immaginare che il governo statunitense decida da domani di tagliare il proprio deficit di bilancio e aumentare le tasse, mentre contemporaneamente la Fed prenderebbe la decisione di riassorbire l’eccesso di liquidità che ha generosamente profuso nell’economia USA. Sappiamo solo che questo avverrà, un giorno, in maniera graduale. Di fatto, la Fed ha annunciato l’intenzione di porre fine ai suoi acquisti di Buoni del Tesoro, ma ha anche esteso la durata del suo programma di prestiti garantiti da crediti strutturati (TALF). Pertanto, il programma di rifinanziamento delle nuove cartolarizzazioni e dei vecchi titoli ipotecari commerciali è prorogato fino a marzo 2010, mentre il programma di rifinanziamento delle nuove cartolarizzazioni connesse all’immobiliare commerciale è prorogato fino a fine giugno 2010. È il segno evidente che l’attività di rifinanziamento interbancario rimane fragile, e che la Fed si rifiuta di sottostimare le conseguenze del “credit crunch”, della scomparsa dell’attività di credito al di fuori del sistema bancario, il famoso “shadow banking system”. È da tener presente che l’attività di prestatore di ultima istanza è stata favorevole alla Fed, dato che attualmente i profitti generati da questi provvedimenti non convenzionali sono valutati a 14 miliardi di dollari. Ci dovremmo preoccupare del bonus che potrebbe essere versato al maggiore trader al mondo del momento, Mr Bernanke? Battuta a parte, nessuna “Exit” per Bernanke, che dovrebbe anzi essere riconfermato dal senato nelle sue funzioni per un secondo mandato.

La Fed non è l’unica a ritenere che la normalizzazione dell’attività creditizia non sia ancora giunta a termine. In Europa, dove l’attività creditizia è ancor più che negli USA canalizzata dalle banche, la Bce rimane accomodante, come ne testimonia il rifinanziamento da 440 miliardi di euro al tasso dell’1% annuo offerto all’inizio dell’estate alle banche di Eurolandia. Meglio ancora, la Banca centrale svedese, Riskbank, ha appena riportato il suo tasso di remunerazione sui depositi a -0,25%! Avete letto bene. Per spronare le banche a trasformare le loro eccedenze, per dare dinamismo allo scambio veloce della moneta, penalizza il deposito delle riserve sui suoi registri. Se sarà una misura sufficiente, lo vedremo tra qualche mese, valutando il successo di Lars Svensson, uno degli economisti più autorevoli della scuola monetarista. Cosa succederebbe a tutti i fondi monetari se una tale misura venisse generalizzata? Accantoniamo per un attimo questa domanda, su cui torneremo più avanti. La Banca d’Inghilterra ha dal canto suo sorpreso gli osservatori annunciando un aumento considerevole del suo programma di acquisto di Titoli di Stato (“Gilts”). Al di là del semplice importo, ci segnala la sua preoccupazione rispetto all’economia britannica, la cui convalescenza è a suo avviso troppo lenta e sempre precaria. Indica anche che le banche centrali attenderanno una chiara conferma della ripresa dell’economia mondiale prima di tornare ad una maggiore ortodossia monetaria.

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