ETF/ETC – Come classificarli e valutarli

Agli ETF, nel 2003, si sono affiancati gli Exchange Traded Commodities (ETC) che si caratterizzano per l’investimento in materie prime. L’aspetto che da sempre genera dibattiti è l’inquadramento degli ETF/ETC: sono prodotti del risparmio o titoli assimilabili agli strumenti negoziati in continua nelle borse? Presentando caratteristiche che li accomunano sia ai fondi che ai titoli negoziati, si potrebbe concludere di trovarsi di fronte a degli ibridi.

L’interpretazione di Morningstar
Secondo Morningstar, gli ETF/ETC sono da considerarsi fondi. Lo si deduce dal fatto che tali strumenti sono inclusi insieme ai prodotti del risparmio gestito nelle categorie Morningstar e assoggettati al medesimo giudizio di questi ultimi. Il sistema di valutazione è relativo. Il giudizio è cioè riferito a gruppi di fondi con caratteristiche similari e parametrato ad un benchmark di categoria, uguale per tutti i prodotti rientranti nello stesso gruppo.

La posizione di Consultique
Passando al mercato italiano, Consultique pubblica periodicamente il giudizio assegnato a questi strumenti. La valutazione è assoluta, quindi non riferita a specifiche categorie, anche se la società di Verona suddivide gli ETF/ETC in diciotto categorie in base alle caratteristiche d’investimento. Il giudizio, in una scala da uno a cinque, tiene conto di questi elementi: le commissioni totali annue (TER), la liquidità dello strumento (spread bid/ask ratio) e gli indicatori che misurano la capacità dello strumento di replicare il benchmark, quali l’extrarendimento rispetto all’indice di riferimento e il tracking error.

ETF Consulting li distingue tra covenzionali e strutturati
ETF Consulting opera una prima distinzione tra gli ETF convenzionali, cioè quelli che si limitano a replicare un indice, rispetto ai prodotti strutturati, ripartendo questi ultimi in short e long a seconda che adottino o meno la tecnica della vendita allo scoperto. Gli ETF sono poi inseriti in settantotto asset class, tra le quali cinquantasei azionarie e tredici obbligazionarie. Gli stessi prodotti sono catalogati in ottantacinque categorie. Per quanto concerne gli ETC, la separazione principale è fatta tra quelli a ricorso limitato e quelli garantiti dal sottostante. I primi sono gli ETC che operano sulle materie prime mediante future, potendo perciò adottare una strategia long o short, mentre i secondi sono garantiti da materie prime con elevato valore intrinseco (platino, oro, argento, palladio) depositate presso una banca incaricata dall’emittente. Viene poi fatta una distinzione tra gli ETC che operano su singole materie prime e quelli che fanno riferimento ad aggregati di commodity. Gli ETC sono per ultimo ripartiti in otto macrocategorie a seconda della tipologia delle commodity (agricoltura, bestiame, metalli preziosi, ecc.).

Bluerating li classifica come fondi
Bluerating classifica gli ETF/ETC seguendo le proprie categorie di fondi mobiliari aperti. I trecentoquarantatre prodotti attualmente negoziati in Borsa Italiana sono inseriti in ottantasette categorie delle centonovantotto disponibili. Questi strumenti, così come i fondi, sono classificati su diversi livelli gerarchici: asset class (azionario, obbligazionario, ecc.), area geografica principale e specifica zona/paese, settore e sottosettore industriale, stile e capitalizzazione dei titoli in portafoglio ovvero maturity e merito di credito dei titoli obbligazionari. Bluerating, ad oggi, non esprime un giudizio su questi prodotti e si limita a confrontare l’ETF/ETC con un benchmark di categoria. Le categorie più “gettonate” sono quelle riferite agli strumenti specializzati sui derivati. Sono sessantasette i prodotti rivolti alle materie prime e trenta gli ETF che operano con opzioni e future su indici e titoli. Il segnale è molto interessante, poiché l’evoluzione degli ETF ha portato il mercato a considerali come strumenti sofisticati che adottano strategie complesse (ETF a leva, ETF short, ecc.) rispetto agli inizi in cui altro non erano che fondi passivi capaci di replicare un indice.

Attenzione agli aspetti normativi
La realtà degli ETF e degli ETC appare semplice, ma presenta molti elementi di complessità. Innanzitutto, solo i primi sono giuridicamente organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR). Gli ETC, invece, sono titoli emessi da un soggetto autorizzato a negoziare sul mercato primario delle commodity. Le differenze non sono di poco conto poiché, tra le altre, solo gli ETF hanno un patrimonio separato e, nel caso di insolvenza dell’emittente, i sottoscrittori dello strumento finanziario non rimangono coinvolti in questo evento. Tale aspetto ci porterebbe a scartare i secondi se volessimo applicare a questi prodotti una logica di classificazione e valutazione analoga a quella adottata per i fondi mobiliari. Sia gli ETF che gli ETC esprimono prezzi in continua durante le sedute borsistiche e solo gli ETF calcolano il nav, cioè il patrimonio netto diviso per il numero delle azioni/quote in circolazione. I fondi mobiliari, al contrario, quotano nella migliore delle ipotesi una volta al giorno. Tenendo conto di questo importante elemento, anche gli ETF non dovrebbero essere assimilati ai fondi tradizionali.

Qualche consiglio operativo
• Gli ETF indicizzati sono strumenti adatti per strategie d’investimento di medio lungo termine, non si differenziano perciò molto dai tradizionali fondi.
• Gli ETF/ETC short sono adatti solo se si ha una chiara strategia al ribasso sugli specifici mercati. Valutare perciò attentamente l’orizzonte temporale di impiego del prodotto e monitorare costantemente il mercato di riferimento.
• Gli ETF a leva moltiplicano gli effetti delle variazioni di mercato. Esistono, anche se non molto diffusiin Italia, ETF a leva 2 sia long che short. Nel primo caso, se il mercato cresce, la variazione positiva sarà doppia. Nel secondo caso, se il mercato perde ed abbiamo scommesso su questa diminuzione, guadagneremo due volte il valore della perdita. Si consiglia un impiego limitato di questi strumenti per brevi orizzonti temporali.
• Gli ETF a struttura complessa, ad esempio la covered call, adottano posizioni sia lunghe che corte, mediante l’impiego di opzioni. Questi strumenti riducono i rischi delle potenziali perdite, ma gli algoritmi matematici sottostanti, piuttosto sofisticati, li rendono poco accessibili al mercato retail senza il supporto di professionisti in grado di verificarne l’andamento.
 

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