Emergenti: molti sospetti, ma rendono tanto

Emergenti: ottimi nel breve e nel lungo periodo
Ora, se non viviamo con l’angoscia di dover allocare i nostri sudati risparmi e abbiamo  margini per operare sui mercati, è opportuno considerare le aree che offrono maggiori possibilità di crescita, magari ragionando su orizzonti temporali molto brevi o molto lunghi. Quest’ultima affermazione può sembrare contraddittoria, ma in realtà tiene conto di due fattori ben diversi da loro che riguardano le caratteristiche degli investitori. Coloro che hanno pretese speculative devono per forza di cose operare su brevi periodi con prese di beneficio frequenti. I mercati emergenti, esprimendo alta volatilità, hanno strappi al rialzo e al ribasso che li rendono adatti a questa tipologia d’investitori. Coloro che preferiscono ragionare nel medio e lungo periodo si attendono di incassare una volta sola con valori in doppia cifra. Bene, le economie in via di sviluppo hanno una crescita del prodotto interno lordo vicina al 10 per cento annuo, nella peggiore delle ipotesi, e ciò le rende sempre e comunque attraenti. I dati degli ultimi dieci anni mostrano che i titoli azionari e obbligazionari di questi paesi sono cresciuti molto di più rispetto ad analoghi titoli di altri paesi e la tendenza è per una prosecuzione in questa direzione. E’ perciò illogico non prenderli in considerazione nel proprio portafoglio.

Pioneer al galoppo in Europa dell’Est
E’ di Pioneer l’exploit sulle aree in via di sviluppo. Con l’Emerging Europe and Mediterranean Fund, Marcin Fiejka, il gestore del comparto, non si è limitato a seguire il trend positivo del mercato, ma lo ha sovraperformato riuscendo a recuperare in toto la pesante perdita accumulata nel 2008 (-63,5 per cento). Il fondo dall’inizio dell’anno ha un track record positivo del 65 per cento. Da un punto di vista geografico, il portfolio manager sta allocando il 56 per cento delle risorse in Russia e il 21,4 per cento in Turchia, mentre la Polonia copre il 5,6 per cento, la Repubblica Ceca il 5,3 per cento e l’Ungheria il 2,8 per cento. Fuori dall’Europa centro-orientale, troviamo un paese industrializzato, il Regno Unito con il 2,1 per cento, e Israele con l’1,9 per cento. La ripartizione settoriale predilige il comparto energetico con il 32,5 per cento e i quattro titoli a maggior peso nel portafoglio sono per l’appunto gli energetici russi Lukoil (7,2 per cento), Rosneft Oil (6,1 per cento), Gazprom (5,3 per cento) e Surgutneftegaz (4,5 per cento). Seguono il settore finanziario (16,7 per cento), i beni primari (12,1 per cento) e le telecomunicazioni (10,7 per cento).

DWS Invest Africa: poco volatile e molto efficiente
Osservando i dati generali dei fondi rientranti nella categoria Bluerating Azionari EMOA (Mercati Emergenti Europa, Medio Oriente, Africa), oltre al comparto del gruppo UniCredit anche altri sei prodotti sono riusciti a sopravanzare il benchmark di categoria nell’ultimo semestre, per quanto la volatilità espressa sia stata in diversi casi ben superiore a quella del mercato ma, come evidenziamo sempre, ben venga la volatilità se con essa arrivano i profitti. Purché, è ovvio, il rischio sia tenuto sotto controllo. In quest’ottica merita una citazione DWS Invest Africa capace di rendere il 50,45 per cento nel semestre con una deviazione standard del 29,37 per cento, tra le più basse nel lotto dei comparti considerati. Questo si traduce in una notevole efficienza, rilevata dall’indice di Sharpe a un anno, pari a 1,012.
 

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