Analisi e rating col “senno di poi”

di Fabrizio Tedeschi

Dopo lo scoppio della bolla immobiliare e mobiliare di Dubai, sorge la solita domanda: perché gli analisti non l’avevano prevista? E, più in generale, perché gli analisti non prevedono le crisi? Perché le agenzie di rating declassano il debito solo dopo il default dell’emittente? Le risposte possono essere tantissime. Si può scomodare il solito conflitto d’interesse (chi ha interesse ad affermare qualcosa di negativo, quando guadagna molto di più nel fare il contrario?), la paura di dire cose sgradite o ancor più il rischio di affrontare la reazione di broker, investitori ed emittenti potenti, compresi i governi, il timore di rompere il giochino che fornisce lauti profitti a tutti; si può giungere fino all’uso smodato di sostanze psicotrope e continuare quasi senza fine. Il settore della ricerca e analisi finanziaria è disciplinato in tutti i mercati del mondo. Sono proibite operazioni contrarie a quelle consigliate, bisogna dichiarare i conflitti d’interesse, i contatti con i soggetti analizzati e i propri colleghi sono rigidamente disciplinati, le retribuzioni devono essere sganciate dai proventi delle operazioni conseguenti alla ricerca, etc. In realtà tutto questo non ha portato a un livello soddisfacente l’indipendenza e soprattutto la qualità della ricerca.

Eppure alcune crisi sono abbastanza evidenti nel loro delinearsi. Lo stesso default di Dubai non sembra un evento così improvviso. La crisi immobiliare attanaglia buona parte del mondo; il piccolo emirato non abbonda più tanto di petrolio; i ricchi sono diventati meno ricchi a causa dei mercati negativi e dei vari Madoff che li hanno traditi; se vogliamo scomodare la divinità, possiamo dire che dalla torre di Babele in avanti la costruzione di palazzi sempre più alti ha preceduto pesanti crisi non solo finanziarie. Gli elementi per raccomandare la prudenza c’erano tutti. A ben guardare anche l’attuale andamento dei mercati non lascia per nulla tranquilli. Il prezzo dell’oro che infrange quotidianamente record impensabili fino a sei mesi fa, dimostrando una totale sfiducia verso il mondo di carta delle valute (in particolare del dollaro), delle azioni e dei bond; l’economia reale in deflazione, quella finanziaria in inflazione; l’eccesso di liquidità, eccetera, non possono che farci pensare all’imminente crollo di tutti i mercati. Eppure le voci della prudenza (non del pessimismo) sono accantonate, nascoste; ogni giorno si va alla ricerca di quel piccolo dato positivo che dovrebbe generare speranza e ottimismo; non si affrontano seriamente i problemi, anzi si tende a spazzarli sotto il tappeto, a nasconderli alla vista dei più.
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