di Biagio Campo
Con il solito approccio multidisciplinare e indipendente che lo contraddistingue, Michael Mauboussin, Chief Investment Strategist di Legg Mason Capital Management, chiarisce l’impatto che i metodi quantitativi hanno avuto sull’attuale crisi finanziaria.
Secondo Mauboussin negli ultimi trent’anni a Wall Street in molti trading desk si è verificato uno spostamento di potere. Fino allora erano prevalsi i trader senza pedigree accademico, la cui carriera era basata sull’esperienza. Poi arrivò una nuova generazione forte di ottimi studi universitari e propensa a operare con metodologie di tipo quantitativo, che tentò di battere il mercato con l’arguzia, utilizzando sofisticati modelli basati sulla teoria della finanza.
Come è ovvio, la convivenza tra la vecchia guardia e la nuova non fu facile, e recentemente sui modelli quantitativi si è abbattuto il sospetto che siano per buona parte all’origine del boom e del successivo tracollo dell’economia.
Nassim Taleb, scrittore ed ex trader racconta che nella sua vita non si è mai imbattuto in un mito più grande di quello che recita che la teoria può condurre alla pratica quanto la pratica può condurre alla teoria. La tentazione di trovare un colpevole sorge spontanea dopo ogni disastro, dobbiamo quindi chiederci in quale misura si può imputare l’attuale crisi a modelli finanziari fuorvianti. In certe situazioni le buone teorie portano direttamente a un’applicazione pratica ed efficace, ma affinché la teoria plasmi la pratica, i modelli teorici devono restare vicini alla realtà, come nel caso di molti sistemi fisici.
Poiché tuttavia i modelli sono per definizione una rappresentazione del mondo, più è ampia la differenza tra il risultato del modello e il mondo reale, più cresce il rischio quando ci si affida pedissequamente a quel modello.
In economia e finanza i modelli spesso non sono in grado di cogliere pienamente le dinamiche dei mercati e ciò spiega perché una fede cieca nella teoria possa portare a una pratica disastrosa.
Una concezione romantica basata su un approccio istintivo per operare sui mercati presenta però anch’essa dei problemi. Negli investimenti i risultati rispondono a una combinazione di capacità e fortuna.
Nel breve termine, tra le due, la più importante è la fortuna. Gli investitori di successo potrebbero essere semplicemente degli individui che sopravvivono a un processo sostanzialmente casuale; inoltre, l’evoluzione fa sì che i soli investitori intuitivi che noi vediamo siano quelli di successo.
D’altronde, anche quando si è convinti che buona parte del successo di un investitore dipenda dalle sue capacità, la domanda che sorge spontanea è se queste capacità siano trasferibili. Se sono esclusive di una persona, ed in generale lo sono, ciò non dovrebbe fare cantare vittoria a chi tra uomo e modello sceglie l’uomo. Dare la colpa dell’attuale crisi ai modelli matematici sofisticati pone un’altra questione, perché i boom e i tracolli esistono da quando esistono i mercati?
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