Perché i rating sono inaffidabili quando i mercati sono instabili

di Rosaria Barrile

Salite sul banco degli imputati per gli effetti della crisi finanziaria, le agenzie di rating vedono messa in discussione l’affidabilità delle loro analisi. Ma tale valutazione rischia non solo di far passare in secondo piano l’opportunità per condurre una seria riflessione sulle cause di quanto avvenuto, ma anche di lasciare ancora una volta gli investitori privi dei necessari mezzi per reagire ad un contesto come quello attuale ancora poco trasparente. Nella sostanza, i rating non possono essere l’unico criterio su cui basare gli investimenti. Tanto più che il loro livello di precisione nel predire futuri default è inferiore quando vengono emessi in periodi di instabilità sui mercati. A suggerire tale conclusione è una ricerca di Carefin Bocconi (Centro per la ricerca applicata finanziaria dell’ateneo milanese) secondo cui l’affidabilità delle agenzie andrebbe valutata tenendo conto della fase del ciclo economico.
Lo studio, condotto da Andrea Resti, Giuliano Iannotta e Giacomo Nocera di Carefin Bocconi, prende avvio dalla distinzione tra i periodi di tensione da quelli di stabilità sul mercato creditizio nel periodo 1970-2001 sulla base del “quality spread”. Successivamente, viene analizzata la performance, a sette anni dall’emissione, di un campione di 70mila bond emessi nel periodo 1970-2001.
Per l’intero periodo risulta che sul totale dei bond che sono poi falliti a circa il 10% fu in origine assegnato un rating medio-alto (“investment grade”, da Baa in su). Questo dato medio nasconde tuttavia due realtà molto diverse: nei periodi di stabilità del ciclo creditizio, con quality spread contenuti, la percentuale di errata classificazione scende all’8%, mentre nei periodi di tensione sale notevolmente, dato che al 21% dei bond poi falliti fu assegnato un investment grade.
“Questo non significa certo che i rating siano inaffidabili o che le agenzie non conoscano il proprio mestiere”, spiega Resti, direttore del Carefin Bocconi. “Al contrario, la nostra analisi mostra poi che il rating è comunque il principale criterio utilizzato dagli investitori nel decidere quale tasso richiedere per acquistare un bond”.

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