Emergenti ancora in pole position

Attenzione ai mercati emergenti. Secondo molti operatori, è il settore su cui puntare nel 2010. Lontani dagli spread ai minimi storici dell’economie sviluppate, i titoli di stato di quei Paesi presentano un rapporto rischio-rendimento interessante.
E nel settore corporate vale la regola dell’anno: lo stock-picking. Ne parliamo con Massimiliano Gnesi, portfolio manager di Vontobel; Frédéric Leroux, global fund manager di Carmignac; Mark Pearce, investment specialist reddito fisso di Threadneedle.

Che cosa vi aspettate dal comparto obbligazionario nel corso del 2010?
M. P. A fronte di quella che crediamo sarà una ripresa lenta, con i tassi di interessi che rimarranno bassi per il resto dell’anno, per il fixed income esistono buone opportunità di investimento in quei mercati che forniscono un rendimento maggiore rispetto al mercato valutario o governativo. Ovvero il settore high yield e quello del debito dei paesi emergenti. Entrambi però hanno fatto molto bene nel 2009 quindi nel 2010 sarà necessario un approccio più selettivo.
M. G. In Europa i tassi rimarranno invariati per i prossimi 12 mesi, mentre scenderà l’inflazione. Esistono degli argomenti a favore di una moderata crescita dei rendimenti: la ripresa economica, la fine delle misure di sostegno quantitative, l’aumento dei tassi da parte della Fed, un alto volume di emissioni.
In questo momento siamo overweigth sulle obbligazioni europee.

Quali opportunità di investimento vedete nell’ambito del debito dei Paesi emergenti?
M. P. Bisogna fare una differenza: tra i titoli emessi in dollari e titoli in valuta locale. Nel 2009 abbiamo assistito a un’incredibile compressione dei rendimenti per quanto riguarda la prima categoria e per questo crediamo in un loro apprezzamento sul lungo termine. Noi puntiamo su quei Paesi che non costituiscono una grossa fetta del benchmark sottostante, come per esempio il Qatar, la cui economia, a differenza di Dubai, non si basa sulle proprietà immobiliari ma sul gas, di cui è il terzo fornitore mondiale. Infine, siamo attenti a quei bond che hanno sottoperformato nel 2009, come l’Ungheria e il Venezuela. Un Paese, quest’ultimo, che riteniamo “incompreso” dagli operatori.
F. L. Gli emergenti sono l’asset class su cui puntare perché è lì che sussiste ancora un potenziale inespresso dopo il 2009, un anno straordinario in termini di emissioni sia di titoli governativi che corporate. Buoni rendimenti, fino al 9% per scadenze che vanno da 1 a 2 anni, si trovano nelle obbligazioni turche, brasiliane, polacche.
M. G. Apprezziamo il Brasile, il Sud Africa, la Turchia, principalmente a causa dell’apprezzamento della valuta e dei potenziali balzi dei rendimenti.

L’ipotesi di un default della Grecia sembra sventata, ma lo spread sui bund non tende a ridursi. Come giudicare il rapporto rischio-rendimento?
M. P. Il problema non è più la Grecia, che non crediamo possa fallire, ma piuttosto la forza economico-politica dell’Unione Europea, che in questo caos è mancata, e l’aumento di spread e volatilità. Che potrebbero ridursi una volta che il piano di salvataggio sarà più chiaro in tempistica e modalità.
F .L. La rinegoziazione del rischio default per la Grecia è possibile, mentre ancora esiste il rischio di un’implosione dell’Euro sul lungo termine. Gli stimoli fiscali verranno meno e se non ci sarà una ripresa forte e chiara dell’economia, l’esistenza della moneta unica potrebbe essere messa in discussione. Nel passato i Paesi svalutavano in casi di questo genere.
Ma ora? Che cosa faremo se dopo la Grecia dovremo affrontare un rischio portoghese o spagnolo?
M. G. Crediamo che la Grecia offra un ritorno attraente in relazione al rischio, con uno spread di 300 puntibase sui bund, mentre secondo il nostro Fiscal Risk Index il rischio non è molto più elevato. Consideriamo la Grecia, l’Irlanda e la Svezia sottovalutati, mentre Giappone, Belgio, Australia e Paesi Bassi ci sembrano sopravvalutati. Così come riteniamo sopravvalutati la Germania e gli USA, che però non sottopesiamo per ragioni di liquidità.

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