Fondi, l’Italia non ci crede

di Francesco D’Arco

Come previsto il risparmio gestito non ha trovato spazio nelle considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. Ma il mondo dei fondi comuni è stato attentamente analizzato da Palazzo Koch all’interno della Relazione Annuale presentata il 31 maggio in occasione dell’Assemblea Ordinaria dei partecipanti. E i numeri relativi all’andamento dell’industria del risparmio gestito italiano nel corso del 2009 confermano le lacune dell’industria dei fondi comuni italiani. Ma andiamo con ordine. Se è vero che la raccolta netta dei cosiddetti “investitori istituzionali” (fondi comuni, assicurazioni, fondi pensione e gestioni patrimoniali) è tornata positiva nel corso del 2009 con un saldo di 18 miliardi di euro (contro un deflusso di circa 150 miliardi del 2008), è anche vero che il settore “rimane penalizzato da una struttura distributiva poco diversificata e da una scarsa varietà nella gamma di prodotti offerti” si legge nella relazione di Bankitalia. Non solo. “I fondi comuni italiani risentono (ancora, ndr) di un regime di tassazione meno favorevole rispetto a quello dei fondi esteri”. Tutto questo si è tradotto in una raccolta positiva per circa 8 miliardi nel caso dei fondi di diritto estero (contro i precedenti -34 miliardi), e in un saldo negativo nel 2009 per 11 miliardi nel caso dei fondi italiani (comunque un miglioramento rispetto ai -84 miliardi del 2008). E, neanche a dirlo, alla fine dell’anno il patrimonio netto dei primi era salito a 159 miliardi (+14% anno su anno), mentre quello dei fondi italiani era rimasto pressocché stabile a quota 216 miliardi. Ma il dato più significativo riguarda il calo dell’offerta registrato nel corso dei dodici mesi presi in esame da Banca d’Italia. “Secondo dati di fonte Morningstar relativi ai soli fondi comuni aperti” si legge nella relazione annuale, “il numero dei prodotti acquistabili in Italia è diminuito di circa il 5 per cento; il calo è risultato maggiore tra i fondi offerti da società di gestione italiane (13 per cento), più contenuto tra i fondi di società domiciliate in altri paesi (4 per cento). Alla fine dello scorso anno le prime dieci società italiane in termini di attività gestite offrivano in media 43 fondi e avevano un patrimonio medio pari a 16 miliardi; in Germania, Francia e nel Regno Unito il numero medio di fondi offerti dalle dieci principali società era rispettivamente pari a 80, 108 e 120, mentre le attività in gestione ammontavano in media a 17, 20 e 26 miliardi”. Il calo ha riguardato quasi tutti i comparti. Uniche eccezioni i fondi flessibili e quelli monetari. Situazione dovuta soprattutto alla significativa riduzione delle risorse in gestione verificatasi negli anni precedenti e che, sempre secondo quanto riportato nel documento di Bankitalia, “ha indotto le società a chiudere o accorpare i fondi di minore dimensione alla ricerca di una maggiore efficienza operativa”.
L’articolo completo lo puoi trovare su Soldi,
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