A ciascuno il suo bond. Ecco un manuale per l’uso

di Carlotta Scozzari

Esistono differenti tipologie di corporate bond. Una prima distinzione è tra obbligazioni a tasso fisso da una parte, che prevedono il pagamento periodico di una cedola costante e predeterminata per tutta la durata dell’emissione, e obbligazioni a tasso variabile dall’altra, il cui rendimento è invece legato a un dato parametro di riferimento (il più delle volte il costo del denaro, come nel caso dell’euribor a cui normalmente si aggiunge uno spread). Ci sono poi i titoli “zero coupon”, il cui rendimento è dato unicamente dalla differenza tra prezzo di rimborso e prezzo di emissione, mentre i bond “convertibili” conferiscono a chi li possiede il diritto di diventare, a un certo punto e sulla base di un determinato rapporto di concambio, azionista delle società emittente. Le obbligazioni tradizionali si distinguono poi da quelle subordinate, che normalmente offrono rendimenti più elevati ma abbinati a un maggiore grado di rischio. I detentori di bond subordinati, infatti, in caso di liquidazione o fallimento dell’emittente, vengono rimborsati soltanto dopo i classici bondholder. Nell’ordine, in caso di default, vengono prima rimborsati i prestiti subordinati di tipo “Lower Tier 2” e “Tier3”, collocati allo stesso livello, e soltanto in un secondo momento quelli “Upper Tier 2”. I prestiti subordinati di tipo “Tier 1” sono invece gli ultimi a essere rimborsati in caso di fallimento o liquidazione e per questo sono considerati strumenti ibridi per molti aspetti assimilabili a vere e proprie azioni.
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