Nolan (Aberdeen Am): “Perché puntare ancora sull’high yield europeo”

Il mercato europeo degli high yield è cresciuto. E molto. Secondo BofA Merill Lynch si è passati dai 41,1 miliardi di fine 2012 ai 75,4 di fine 2007 ai 284,8 miliardi a febbraio 2017. Il numero di emittenti è cresciuto da 88 a 267 mentre la duration è rimasta la stessa (3,3% nel 2002 e 3,4% oggi). Per capire se questa asset class ha ancora del potenziale da esprimere in un momento di tassi di interesse al rialzo parliamo con David Lloyd-Nolan, senior fixed income product specialist di Aberdeen AM che ha un posizonamento del 73% sulla doppia B, del 22,4% sulla B singola, del 4,7% sulla tripla C o sotto e non ha esposizione alcuna sulla tripla B. Secondo l’esperto, la combinazione tra rendimenti e duration relativamente bassa rispetto al rischio di credito resta interessante.

Dopo il sell-off di settembre, le valutazioni del segmento high yield europeo sono di nuovo interessanti?

Sì. Nel breve termine si prevede una certa volatilità, anche se questa asset class ha dimostrato il suo valore in condizioni economiche difficili. Negli ultimi anni si è assistito a una decisa crescita del mercato del debito corporate in Europa. Questo ha gettato una solida base per il segmento high yield nella regione, che appare sempre più diversificato e interessante agli occhi degli investitori. Dopo aver superato due interi cicli di credito dalla fine degli anni ’90, l’high yield europeo oggi è parte integrante del mercato del credito globale.

Si è scritto molto dei vantaggi dell’high yield europeo rispetto a quello Usa. Cosa ne pensa?

Quest’anno i rendimenti non sono stati elevati ma la qualità di credito è aumentata in Europa, soprattutto grazie agli emittenti fallen angel che hanno visto diminuire il rating di credito da investment grade a high yield. Le politiche monetarie divergenti sono un altro fattore a favore del “fratello minore”, così come il fatto che il segmento high yield europeo non sia esposto al settore dell’energia statunitense fortemente indebitato. Ma fin qui nulla di eccezionalmente nuovo. Ciò che veramente costa a coloro che investono nei mercati high yield sono le insolvenze. Se una società non adempie alle sue obbligazioni, è un grosso problema. Dunque la resilienza è un fattore determinante.

In tempi incerti, gli investitori in genere preferiscono orientarsi verso “porti sicuri”, come i titoli di Stato e le obbligazioni investment grade…

Vero. In condizioni economiche normali, questi asset rappresentano un luogo relativamente sicuro dove parcheggiare la propria liquidità. Ma quelli odierni non sono tempi convenzionali: le banche centrali sono a corto di munizioni, l’85% delle obbligazioni dei paesi avanzati oggi rende meno dell’1%, mentre il 30% offre rendimenti negativi. A tutto ciò si aggiunge la questione Brexit, le elezioni in Europa e molta incertezza sulle politiche che porterà avanti Donald Trump come presidente.

L’investitore però in genere teme che rendimenti più alti implichino anche maggiore volatilità. È così o c’è ancora troppo poca conoscenza sul segmento?

Non necessariamente. Contrariamente alla percezione comune, il segmento high yield europeo non gode del rispetto che meriterebbe per le sue qualità difensive. Spesso è trascurato dagli investitori e dagli operatori del mercato, soprattutto durante le fasi di ribasso degli asset più esposti al rischio e i periodi di sell-off. I rischi non mancano mai, come per tutte le altre asset class, ma l’analisi rivela che il segmento high yield europeo ha ottenuto risultati assai migliori di quanto molti si aspetterebbero in periodi di vendite.

Facciamo un esempio.

Prendendo come riferimento la fine del 2011, dopo un periodo di massicce vendite in un contesto di basse insolvenze, l’high yield europeo ha riportato ottime performance rispetto ad altre asset class. Per esempio, il mercato azionario europeo ha guadagnato un -18,83% rispetto al -6,52% dell’high yield europeo. Nonostante il rendimento negativo, c’è molta meno volatilità rispetto alla maggior parte delle altre asset class. Infatti, prendendo in considerazione la volatilità dei guadagni, l’high yield europeo presenta in tale periodo una maggiore correlazione con le performance dei Bund. Lo stesso si può dire per il 2013. L’high yield europeo ha registrato massicci deflussi all’inizio dell’anno, ma nonostante il sell-off nel secondo semestre le obbligazioni high yield hanno reso il 7,52%. Nello stesso periodo, i tanto sicuri Bund hanno realizzato un rendimento negativo del -0,72%. Il segmento high yield europeo ha registrato sei mesi di deflussi tra aprile e settembre dello scorso anno. È stato un periodo di profonda avversione al rischio sui mercati globali dovuto all’intensificarsi dei timori per il rallentamento della Cina. Quasi tutte le asset class ne hanno subìto le conseguenze, ma l’indice EHY è rimasto sostanzialmente stabile nel periodo, nonostante abbia chiuso a -3,42%. Come si può immaginare le azioni sono state estremamente volatili e i rendimenti assai peggiori con l’Euro Stoxx, il FTSE 100 e l’S&P 500 tutti al ribasso, rispettivamente -16,76%, -10,51% e -7,13%.

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