Risparmio gestito – La Fed fa bene

E’ stata intensa la prima decade di novembre: elezioni USA di metà-mandato, decisioni Fed e di altre BC, G20 a
Seul. In tutti casi si può dire che gli esiti fossero in buona parte scontati, tuttavia sono passaggi importanti.
Nell’ordine. Obama esce politicamente sconfitto dalle elezioni ma ha scelto subito la via della collaborazione
con l’opposizione repubblicana e i democratici sono ridimensionati ma non annientati: perdono molti seggi e la
maggioranza alla Camera bassa, ma tengono di misura il Senato. Parti della legislazione sulla riforma sanitaria,
quella degli intermediari saranno modificate anche in modo incisivo. Vi è il rischio di qualche impasse, ma il
probabile effetto pro-business del nuovo equilibrio parlamentare non dispiace più di tanto ai mercati.
La Fed ha inaugurato la nuova fase di espansione quantitativa della moneta attraverso $600 mld di acquisti
netti di Treasuries da qui a giugno. I canali di trasmissione della politica monetaria tradizionale sono inefficaci,
ma il QE2 mira a sostenere la crescita reale e/o il livello generale dei prezzi, per altre vie: tassi reali negativi,
sostegno dei corsi azionari e un dollaro debole che sostenga l’export. Secondo Dudley della Fed di New York, il
QE2 avrà un impatto equivalente a quello che avrebbe (aveva) un taglio di 50-75 bp nei Fed Funds circa pari al
calo (reversibile) dei rendimenti reali dovuto alla risalita delle aspettative d’inflazione.

In Europa la BoE si astiene dal QE e la BCE continua a riassorbire liquidità, scelta diametralmente opposta a
quella della Fed
. La discussione sul Patto di Stabilità e Crescita prosegue ma sembra esclusa l’introduzione di
meccanismi sanzionatori automatici, preferiti invece da Trichet. Ben più inattesa e problematica per i mercati è
la volontà tedesca di far partecipare il settore privato ad eventuali ristrutturazioni del debito di partners EMU.
Con i sussulti della legislatura italiana ciò ha provocato una ricaduta delle obbligazioni governative dei Paesi
periferici. La BCE è probabilmente intervenuta (Trichet buon presago aveva litigato con la Merkel) e i ministri
finanziari EMU hanno portato un pò di sollievo ribadendo che il piano di salvataggio non si tocca sino al 2013.
Il G20 di Seul non ha compiuto progressi sul fronte più complesso della competizione valutaria.

Le critiche incrociate tra Paesi Emergenti e Sviluppati, e ora anche tra quest’ultimi, per lo più indirizzate verso
l’aggressività della politica reflazionistica della Fed, rivelano l’impotenza degli organismi di coordinamento delle
politiche globali in presenza di interessi nazionali contrapposti, com’è il sostegno alla crescita attraverso le
esportazioni.
Bocciata la proposta Geithner di introdurre tetti alle partite correnti, è apparso evidente che la
tessitura di coordinamento richiederà tempo. Il comunicato finale è di buon auspicio solo per la superstite
volontà di dialogo affinchè la tentazione di competizione valutaria non degeneri in spinte protezionistiche. I
progressi si sono avuti solo sul fronte della riforma del FMI e sulla stabilità del sistema finanziario.
I pesi azionario e obbligazionario sono a benchmark ma la durata finanziaria delle obbligazioni è stata ridotta.
Siamo neutrali sui titoli indicizzati all’inflazione (20% del reddito fisso) e Corporate IG; positivi sul Debito EM e
degli US High Yields. Rimaniamo costruttivi sui mercati azionari e gli asset rischiosi cui giova la liquidità Fed.

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