Il passaggio verso il sistema contributivo

Ci stiamo allontanando da un mondo nel quale era garantito un livello pensionistico definito, verso un nuovo scenario nel quale le persone devono gestire il rischio associato agli investimenti destinati alla propria pensione, tuttavia sono ancora in molti a non avere la preparazione necessaria per assumersi questa responsabilità. Con Marco Fusco, Country Head di SSgA Italia e Amministrato Delegato di SSgA Francia, ci confrontiamo sui cambiamenti in atto relativi allo spostamento verso un modello pensionistico di tipo contributivo.

Qual è attualmente, a livello globale, la quota degli asset pensionistici di tipo contributivo?
Secondo la società di consulenza Towers Watson gli attivi di tipo contributivo rappresentano il 42% del totale degli asset pensionistici dei sette più importanti mercati pensionistici del mondo, ovvero Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada, Svizzera, Giappone e Olanda. Nel 1999, questa percentuale non superava il 32%. Negli ultimi 10 anni, in questi mercati, gli asset di tipo contributivo sono cresciuti a un ritmo annuo del circa 6,4%, mentre quelli di tipo retributivo hanno registrato un aumento dell’1,6%.

Si tratta di un fenomeno globale?
Se da una parte la longevità sempre più diffusa sta esercitando una pressione sui sistemi pensionistici di tutto il mondo, dall’altra, i vari mercati attraversano fasi diverse nel passaggio verso il sistema contributivo. L’Olanda resta prevalentemente di tipo retributivo, mentre in Australia il regime contributivo prevale da molto tempo, e rappresenta l’82% degli attivi pensionistici. Nel Regno Unito, i fondi pensione hanno registrato un calo degli investimenti di notevole entità e stanno chiudendo a ritmo serrato. Il sistema contributivo è ben consolidato negli Stati Uniti. Nel resto del mondo, molti mercati, tra cui diversi in Asia, stanno cominciando ad adottare sistemi contributivi, e tutti hanno la grande opportunità di poter imparare dai mercati dove il sistema contributivo è già quello dominante.

Quali sono le principali sfide che il sistema contributivo deve affrontare?
Alcune delle attuali sfide derivano dal fatto che, in certi mercati, i piani di tipo contributivo sono stati concepiti inizialmente come integrativi e non come piani pensionistici primari. La conseguenza è che molti piani di tipo contributivo sono volontari e che il livello di partecipazione è ancora troppo basso. Inoltre, molti pensionandi non hanno l’educazione necessaria per capire i rischi intrinseci degli investimenti per una pensione di tipo contributivo e pianificare con efficacia il proprio pensionamento. In generale, le persone non risparmiano abbastanza e la loro scelta degli investimenti è talvolta inadeguata. Ciò è sottolineato da uno studio dell’Istituto per la ricerca sui benefici degli impiegati statunitense, che ha evidenziato che un quarto circa degli aderenti ai piani 401(k), di età tra i 56 e i 65 anni, alla fine del 2007, teneva investito più del 90% della propria posizione assicurativa in azioni. Un’allocazione degli investimenti così aggressiva non è consigliabile quando una persona si avvicina al pensionamento.

Di chi è la responsabilità di affrontare questi problemi?
Tutti coloro che hanno che fare con il sistema contributivo hanno un ruolo da svolgere nel garantire che il sistema risultante sia sostenibile. I datori di lavoro possono contribuire a massimizzare la partecipazione a questi piani pensionistici con misure quali l’apertura automatica di una posizione assicurativa, se l’interessato non sceglie attivamente di escludersi, o versando un contributo equivalente a quello del singolo impiegato. I piani fiduciari in questo aspetto possono svolgere un ruolo importante nel garantire una governance solida, mentre da parte loro i governi e i regolatori possono autorizzare prodotti e approcci innovativi, che contribuiranno a garantire un reddito adeguato per le persone che andranno in pensione.
 

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